Un testo sull'autonomia annacquato in cambio del via libera alla flat tax. Matteo Salvini è pronto a cedere ai 5 stelle sulla battaglia madre per la Lega, incassando, in autunno, l'introduzione della tassa piatta. La trattativa tra i due azionisti del governo Conte si giocherebbe tutta su un «baratto» tra Salvini e Di Maio: il ministro dell'Interno porta a casa un regionalismo ridimensionato, rispetto alle richieste dei governatori Luca Zaia (Veneto) e Attilio Fontana (Lombardia). In cambio, il vicepremier Luigi Di Maio darà mano libera ai leghisti sulla riforma della flat tax.
La prima resa del segretario del Carroccio (sull'autonomia) c'è già stata con la decisione di accettare la richiesta dei Cinque stelle di parlamentarizzare l'esame e l'approvazione del testo. Con il doppio passaggio, Camera e Senato, Salvini sa bene che il peso di parlamentari del Sud, non solo grillini, sarà determinante sul contenuto dell'autonomia. Il testo potrà essere emendato. E dunque cambiato. È il punto su cui si sono battuti i 5 stelle, che sancisce il passo indietro di Salvini e della Lega. Palazzo Madama e Montecitorio potranno intervenire, modificando il contenuto del testo e alleggerendo l'impatto dell'autonomia. D'altronde, il presidente della Camera, Roberto Fico, leader dell'ala anti-salviniana nel M5s, ha chiesto (e ottenuto) il passaggio parlamentare. Quella di Salvini è mossa che punta a proteggerlo da eventuali polemiche da parte della fronda del Nord del Carroccio nel caso in cui l'autonomia dovesse rivelarsi un flop. Sarà infatti il Parlamento, e non il governo, a stabilire il grado di autonomia finanziaria e amministrativa per le Regioni. Uno scudo per le Regioni del Sud che così tenteranno di incassare qualche risultato. E anche per i 5 stelle, che hanno nel meridione il principale bacino di voti. Ma non sarà uno scambio a costo zero per Di Maio: il capo politico del M5s dovrà poi dare carta bianca ai leghisti, bloccando tutte le iniziative destabilizzatrici dei parlamentari ortodossi sulla riforma fiscale. La conferma che la battaglia sull'autonomia non sia più centrale nell'azione politica della Lega è arrivata anche ieri: Salvini ha abbandonato, dopo due ore, il vertice sul regionalismo differenziato a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Conte, il vicepremier Di Maio i ministri Bussetti, Lezzi, Fontana, Toninelli, Fraccaro e Bonisoli, e il vice ministro dell'economia Laura Castelli. Il ministro doveva presiedere il comitato ordine e sicurezza sull'immigrazione al Viminale. Ma certamente l'accavallamento delle due riunioni poteva essere evitato. L'incontro presieduto dal premier Conte, dopo l'ok della scorsa settimana allo schema di impianto finanziario che dovranno avere le intese con Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, si è limitato a un'analisi delle competenze di cui le Regioni chiedono il trasferimento. La riunione si è svolta hanno riferito fonti governative - in un clima di lavoro «positivo». Però la fumata bianca è ancora lontana: non sono stati sciolti tutti i nodi sulle competenze. L'ostacolo insormontabile sarebbe quello delle risorse da destinare alle regioni che chiedono la competenza esclusiva su servizi precedentemente gestiti in regime concorrente tra Stato e regioni. Ma il nodo più complicato da sciogliere resta quello politico.
Con un'inversione dei ruoli: per il M5s ostacolare un'autonomia spinta, così come chiedono i leghisti del Nord, è diventata una questione di vita o morte. Salvini, al contrario, accetta una mezza sconfitta. Per giocarsi, la vittoria finale, sulla flat tax. Sarebbe il pezzo dell'accordo tra Lega e grillini.
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