Il primo passo, in teoria, è fatto: ieri la commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato a larga maggioranza la proposta di legge elettorale del Pd, ribattezzata dai giornali - con la consueta assenza di fantasia - «Rosatellum».
Si tratta solo del così detto «testo base», necessario ad incardinare la discussione e anche a dare il segnale che il Pd - volendo - alla Camera ha i numeri per imporre quel sistema semi-maggioritario. Lo hanno votato, oltre al partito renziano, anche la Lega, Ala, Svp e altri gruppetti. Mentre contro la legge elettorale firmata dal capogruppo Pd Ettore Rosato sono stati Forza Italia, Sinistra Italiana, Mdp e M5S che, per bocca di Di Maio minacciano «il Vietnam in Senato se non parteciperemo alla scrittura della legge». Ma, a dimostrazione del fatto che il voto di ieri è solo un ballon d'essai, tutti o quasi, in Parlamento, già guardano altrove: a quel sistema proposto da Berlusconi e soprannominato «tedesco» che però di tedesco ha poco o niente: è semplicemente il ritorno al proporzionale di buona memoria, con l'unica parziale correzione di uno sbarramento al 5%. Ammesso che regga, perché micropartiti come Ncd-Ap o come Mdp il 5% nelle urne lo vedranno col binocolo, e quindi faranno di tutto per abbassarlo.
Dal fronte renziano però le aperture al «berlusconellum» (che ieri ha avuto anche l'imprimatur della Lega) si sprecano. Soprattutto perché il leader di Forza Italia ha condito l'offerta con il via libera al voto anticipato in autunno, che secondo Renzi potrebbe aiutare l'Italia a mettersi in scia col voto tedesco, ad arginare il populismo grillino e a schivare una campagna elettorale sull'onda del voto in Sicilia e della prossima legge di Stabilità.
Il leader Pd ha annunciato per i prossimi giorni una serie di incontri del Pd con le altre forze politiche, per sondarne le intenzioni (ma nessun faccia a faccia col Cavaliere, per risparmiarsi la solfa del «Nazareno due»), e ha convocato per il 30 maggio la prima Direzione post-congresso del Pd dove, oltre a nominare la nuova segreteria, si farà il punto sulla legge elettorale. Entro venerdì i gruppi parlamentari potranno depositare le loro proposte di modifica al «testo base», e da martedì prossimo si comincerà a votare. Forza Italia annuncia un emendamento volto a trasformare in «tedeschellum» l'impianto semimaggioritario attuale. Il relatore Pd Emanuele Fiano non chiude: «Siamo disponibili al dialogo. Vediamo su quali punti concentrare questo dialogo».
Il consenso per il proporzionale è largo, ma la strada per approvarlo in tempo per votare ad ottobre (quindi entro luglio) è ancora irta di insidie. Renzi vuole garanzie sui tempi e sul passaggio più rischioso, quello al Senato dove il Pd non controlla la maggioranza. E intanto nello stesso Pd cresce un fronte di dissenso che, in nome del maggioritario, punta anche a difendere il governo di Paolo Gentiloni e la sua durata. Con il retropensiero che, lasciando logorare Renzi sotto i colpi di amministrative e Sicilia e attendendo il 2018, sia possibile liberarsi del segretario Pd, puntando sulla continuità di Gentiloni.
Ecco dunque Andrea Orlando, Romano Prodi, Gianni Cuperlo che si scagliano contro il ritorno al proporzionale (e le possibili larghe intese) e auspicano la rinascita delle coalizioni di centrosinistra: «Una legge elettorale come quella che viene proposta adesso, sostanzialmente un proporzionale, non ci darà un governo stabile e saranno guai», dice Prodi.
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