L'emulazione o la vendetta Isis. Anche in Italia allerta massima

Sui profili social legati ai jihadisti decine di appelli per "vendicare i fratelli". Controlli anche sui suprematisti

L'emulazione o la vendetta Isis. Anche in Italia allerta massima

Emulazione e reazione. Sono le parole d'ordine che da ieri tengono in stato d'allarme anche le forze di sicurezza italiane. La strage di Christchurch, messa a segno seguendo gli slogan urticanti di un'ultra destra suprematista assai attiva sulla rete, ma con limitati proseliti sia nella tranquilla Nuova Zelanda sia nel resto del mondo, dimostra come internet e social media abbiano cancellato le delimitazioni geografiche garantendo valenza universale e presenza capillare al linguaggio dell'odio. Scorrendo in rete come in un fiume carsico i richiami alla violenza e le reazioni, opposte ma simmetriche, possono riemergere ovunque.

Così se il massacratore Brenton Tarrant si muoveva nel solco ideale del norvegese Amders Breivik e dell'italiano Luca Traini altrettanto può fare da noi un nuovo «giustiziere» deciso a bissare la strage. Ma a entrare in azione potrebbe essere anche un vendicatore jihadista deciso a colpire un presunto obbiettivo suprematista o più semplicemente sparare nel mucchio dei cosiddetti «infedeli». Per questo ieri mattina al Viminale si è svolta, alla presenza del ministro degli interni Matteo Salvini, una riunione straordinaria del Comitato di analisi strategica antiterrorismo. L'incontro è servito a metter a punto le direttive per una «rinnovata attività di monitoraggio» impartite a tutte le forze di sicurezza. In pratica da oggi la polizia postale e le strutture di carabinieri, guardia di finanza e servizi segreti specializzate nel monitoraggio della rete seguono con ancora maggior attenzione i soggetti a rischio sia in campo suprematista che jihadista. Sul terreno viene invece accresciuta la sorveglianza di moschee, sinagoghe chiese e in genere di tutti i possibili obbiettivi.

Il rischio non è solo teorico. Subito dopo la strage la galassia jihadista ha iniziato a diffondere appelli alla rappresaglia chiedendo ai militanti di mobilitarsi per vendicare i «fratelli» caduti sotto i colpi di «infedeli» e «crociati».

Su un canale legato ad Al Qaida diffuso via Telegram, Abu Abdallah posta lo spezzone del filmato girato dal killer in cui Brenton Tarrant finisce con un colpo alla testa una donna ferita e la calpesta. «L'infedele - spiega il sito - ha ucciso una donna musulmana e le è passato sopra prima di uccidere i nostri fratelli nella moschea. Dov'è finita la vendetta, zelanti musulmani? Se non facciamo qualcosa non resterà nulla di buono in noi. Come giustificheremo questo torpore davanti ad Allah?».

Rahel su un canale Telegram dell'Isis esibisce un kalashnikov, una bandiera nera del Califfato, una cintura suicida e la scritta «La rappresaglia sta per arrivare. In Nuova Zelanda avete aperto i cancelli dell'inferno». Per Aqis Telegram, un altro sito pro Al Qaida, il massacro è un simbolo della «guerra crociata» condotta contro i musulmani «nel segno del sangue». E la risposta può essere solo simmetrica. «Al linguaggio del sangue non si risponde con l'arrendevolezza, né con richiami alla pace, né tanto meno con slogan tolleranti, ma solo ed esclusivamente con il linguaggio del sangue».

Al-Aysaf Al Baghdadi un simpatizzante dell'Isis attivo su Telegram invita tutti i sodali a mobilitarsi sui social media per invocare attacchi contro cristiani ed ebrei.

«Sostenitori del monoteismo e dello stato Islamico entrate su Facebook e Twitter, invitate a spargere il sangue degli adoratori della croce e dei nipoti delle scimmie e dei maiali (ebrei, ndr) per vendicare la religione di Allah, il sangue musulmano versato a Baghouz in Siria e, ora, dentro le moschee in Nuova Zelanda».

Insomma come c'era da aspettarsi la strage ha rimesso in gioco i militanti jihadisti che ora sono pronti a colpire. Perché odio chiama odio. E nell'era di internet la vendetta non ha più confini.

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