Dal carcere in cui è detenuto dopo una condanna definitiva a 30 anni di reclusione, Giovanni Potenza ha chiesto di essere perdonato dalla famiglia di Giusy, sua cugina di secondo grado, che è accusato di avere ucciso nel 2004 a Manfredonia, in provincia di Foggia, quando la ragazza aveva 14 anni. A riferirlo è l'avvocato Innocenza Starace che assiste i parenti di Giusy, tra cui il nonno materno della vittima. Quest'ultimo ha fatto sapere, attraverso il suo legale, di essere «disposto a perdonare l'assassino di sua nipote solo nel caso in cui rivelasse chi sono stati i suoi complici». Del coinvolgimento di altre persone nell'omicidio è convinta anche Starace: «Anche sotto il profilo giudiziario, sebbene il processo si sia concluso con una pesante condanna» ha evidenziato «molti elementi emersi nel corso del procedimento già all'epoca dei fatti portarono a ipotizzare la presenza di complici».
Potenza, 46 anni, è in carcere dal 2004 dopo essere stato condannato in via definitiva a 30 anni perché accusato di aver ucciso la 14enne, di averla sfigurata e poi di avere abbandonato il corpo su una scogliera. Era il pomeriggio del 12 novembre del 2004 quando la studentessa Giusy Potenza uscì di casa senza mai più farvi rientro. Il giorno seguente i familiari sporsero denuncia alla polizia e nello stesso giorno venne ritrovato il corpo della giovane. Il movente non venne mai accertato. Secondo l'avvocata Starace «si trattò di un omicidio al termine di un atto di violenza sessuale nei confronti della 14enne».
Ai tempi dell'omicidio, Giovanni Potenza, cugino di primo grado del padre della vittima, aveva 27 anni, era sposato aveva due bambini di 2 e 8 anni e di professione faceva il pescatore. Aveva confessato nel corso di un drammatico interrogatorio spiegnado: «Non ce la facevo più, volevo lasciarla. Ma lei minacciava di raccontare tutto a mia moglie». C'erano voluti 41 giorni di indagini serrate, di intercettazioni e di analisi di laboratorio per stringere il cerchio e identificare il carnefice di Giusy.
Il corpo della ragazza era stato ritrovato il 13 novembre 2004, la testa massacrata a colpi di pietra, nei pressi degli ex stabilimenti dell'Enichem, alla periferia della città. E subito si era pensato al branco, al mostro da sbattere in prima pagina, ad un feroce delitto commesso per gioco o per noia dopo un pomeriggio di violenza di gruppo. Poi la verità.
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