L'Europa licenzia Renzi: «Mancano gli interlocutori»

Da Juncker avviso di sfratto al premier, l'Eurotower chiede una stretta sulle banche: la fiducia è finita Vegas (Consob) dopo il tonfo della Borsa: «Ci sono mani italiane ed estere, vedremo chi ha venduto»

Un avviso di sfratto senza tanti complimenti. È quello che la Commissione europea, i mercati finanziari e la Banca centrale europea ieri hanno recapitato al presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Il presidente dell'esecutivo comunitario, Jean-Claude Juncker, dopo la dura reprimenda di venerdì scorso, è tornato nuovamente alla carica contro il governo. Fonti di Bruxelles hanno fatto sapere che «a rendere i complicati i rapporti con Roma è la mancanza di interlocutori ufficiali sui dossier più delicati». Viste le tristi esperienze del governo Berlusconi nel 2011, potrebbe non essere casuale il crollo dei titoli bancari a Piazza Affari con il Monte dei Paschi che da inizio anno ha perso oltre un terzo della propria capitalizzazione. «Ci sono mani italiane ed estere, vedremo chi ha venduto», ha spiegato il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, denunciando apertamente le manovre speculative degli hedge fund. Se cinque anni fa il cavallo di Troia per espugnare Palazzo Chigi fu lo spread, ora potrebbero essere le azioni degli istituti bancari la testa d'ariete per far capire a Renzi che il gradimento del «capitalismo che conta» nei suoi confronti è arrivato sottozero.A rigor di logica, infatti, le debolezze strutturali del sistema-Italia (e di conseguenza delle sue banche) non sono tali da giustificare il collasso di Piazza Affari. L'indagine della Bce sui crediti in sofferenza, svelata pubblicamente su input della Consob, è emblematica della scarsa fiducia nel nostro Paese. L'intento dell'Autorità bancaria europea (costola della Bce), infatti, è quello di imporre una valutazione dei 360 miliardi di crediti deteriorati molto più severa di quella attuata comunemente nei bilanci. È chiaro che il «buco» che si creerebbe in seguito a una loro svalutazione (si ragiona nell'ordine delle decine di miliardi se si applicasse il criterio seguito con Etruria e le altre) si potrebbe coprire solo con consistenti aumenti di capitale se non addirittura con il temutissimo bail-in.È su questo che la Borsa ha speculato, sulla devastazione della finanza e dell'economia italiana. Una parola di Bruxelles, in questi casi, conta più di pagine e pagine di grafici e statistiche. E l'Italia sembra aver esaurito il proprio credito: il vuoto comunicativo denunciato dagli uomini di Juncker riguarda proprio il pressappochismo italico nel trattare con l'Ue, visto che il no al piano di salvataggio «fatto in casa» per le quattro banche locali sarebbe stato reso noto in anticipo.Renzi ha giocato al rialzo, attaccando la Commissione non solo per garantirsi il via libera alla Stabilità 2016, ma anche per poter derogare nuovamente al Fiscal Compact in vista dei tagli promessi su Ires e Irpef. Dall'altro lato, il milieu politico-finanziario già da tempo ha individuato nell'Italia l'anello debole della catena. Debolezza che, purtroppo, è nelle nostre banche: 360 miliardi di sofferenze lorde sono impossibili da gestire senza una bad bank per la quale Bruxelles e Berlino bloccano la garanzia pubblica. C'è chi vorrebbe la Troika che, come dimostra il caso greco, rappresenta un ottimo modo per incentivare il business delle grandi fusioni e acquisizioni.Renzi sta rischiando grosso.

«La Germania ha bisogno dell'Italia. Siamo favorevoli al dibattito ma senza polemiche», ha dichiarato ieri l'ambasciatrice a Roma, Marianne Wasum-Rainer. È l'ultimo avvertimento: se i toni non si abbasseranno, sarà tempesta.

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