"La lezione di Gianni mai dimenticata: vince chi studia di più"

Brunetta, amico di una vita: dava l'esempio, pretendeva rigore e non alzava mai la voce

"La lezione di Gianni mai dimenticata: vince chi studia di più"

«La lezione che ho imparato da lui è che chi studia di più, vince. Gianni leggeva tutto, studiava tutto, conosceva tutti i dossier. Ricordo i viaggi bellissimi con lui, in Giappone, in Cina. Ci insegnò che per capire il paese in cui andavamo la prima cosa da fare era entrare nelle librerie e vedere quali libri leggevano i cinesi, i giapponesi. Tornavamo a casa con decine di volumi. È stato un grande amico, un grande ministro, un grande riformista e una persona leale, non ha mai abbandonato Craxi». Renato Brunetta è stato consigliere economico di De Michelis, ministro del Lavoro nel primo governo Craxi (1983), e poi nel 2009 a parti invertite fu Brunetta ministro a chiamare il professor De Michelis per fargli da consigliere. «Avevo fissato alle 8 del mattino le riunioni, che con una petizione fecero spostare alle 8.30. Gianni era sempre il primo ad arrivare. Aveva un posto fisso a destra, in fondo, appoggiato al tavolo, ho un ricordo dolcissimo e bellissimo del mio onore di averlo lì con me». Si erano conosciuti da accademici, a metà anni '70, De Michelis già professore di Chimica a Padova, Brunetta ricercatore. Gli studi e la politica: «Vuoi farla? mi chiese. Allora studia come funziona il polo industriale di Marghera, studia il piombo, lo zinco, l'alluminio, la cantieristica, impara i cicli produttivi, studia i mercati, i lavoratori, le relazioni sindacali, i conflitti, perché da lì parte la politica. È questa sua lezione mai più dimenticata, la lezione fondamentale della mia vita» racconta Brunetta. Poi ci sarà, qualche anno dopo, la chiamata al ministero del Lavoro, agosto '83. Brunetta rievoca il primo giorno: «Fummo tutti convocati, consiglieri e direttori generali, era sabato. Disse: Per lunedì voglio da ognuno di voi una relazione dettagliata sulla vostra direzione. Vidi tutti con gli occhi sbarrati perché avrebbero dovuto lavorare la domenica. Uno prese coraggio e a nome degli altri disse che non c'era abbastanza tempo. Allora la faremo insieme, io lei e Brunetta disse. Lavorammo notte e giorno. Lunedì le relazioni furono pronte. Anche quella del dirigente sotto osservazione. Che l'indomani fu sollevato dall'incarico. De Michelis era così, pretendeva il rigore, ma senza alzare la voce, con l'esempio».

La leggenda del ministro discotecaro? «Ne parlano come di una passione frivola. Non è così. Lui capì per primo che quello delle discoteche era il più grande mondo di aggregazione e formazione culturale dei giovani. Dietro la dimensione ludica intuiva quella sociologica, e aveva perfettamente ragione». Un altro ricordo: «Eravamo a Bruxelles per un consiglio dei ministri europei del lavoro. La sera c'era la partita della Juventus allo stadio Heysel. Lui andò, io feci tardi e tornai in hotel, dove seppi quello che era successo. Rimasi sveglio tutta notte. Finalmente De Michelis mi chiamò alle 4 del mattino, mi disse che si era messo a difendere i tifosi italiani e che fu per questo minacciato da un gendarme belga. La mattina dopo andammo in tutti gli ospedali a recuperare i feriti, senza scarpe, con le teste fasciate, mise a disposizione l'aereo presidenziale per riportarli a casa, facemmo avanti indietro dall'Italia una decina di volte. Si spese in maniera generosissima come era lui. Questo era Gianni, uomo generosissimo, di una preparazione straordinaria». E come ministro, un politico con la vista lungimirante.

«Ci fu lui dietro il grande piano Marshall dell'Onu verso i paesi poveri, sua la privatizzazione della Montedison, il decreto di San Valentino che salvò l'Italia dall'iperinflazione, fu lui con Giulio Andreotti e Guido Carli a scambiare la riunificazione tedesca con la nascita dell'euro, e sempre lui intuì che la demografia avrebbe creato grandi conflitti, soprattutto nel Mediterraneo. Il suo è un esempio di grandissima intelligenza e capacità di capire la realtà. E io vivo ancora di quell'insegnamento».

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