Libertà di stampa, scoppia il caso nel M5S. Fattori: "Giornalisti eletti lascino"

La "ribelle" Elena Fattori contro i vertici del M5S: "Ci vuole coerenza, ora i giornalisti eletti coi grillini devono dimettersi"

Libertà di stampa, scoppia il caso nel M5S. Fattori: "Giornalisti eletti lascino"

La questione della libertà di stampa e degli insulti ai giornalisti - chiamati "puttane" da Alessandro Di Battista - rischia di diventare un caso anche all'interno del Movimento 5 Stelle.

Insorge Elena Fattori, una dei "ribelli" che hanno votato contro la fiducia sul ddl Sicurezza e che ora è "sotto processo" nel movimento. "Coerenza vorrebbe che per dimostrare la loro verginità tutti i giornalisti eletti col 5 stelle si dimettessero", dice sulla sua pagina Facebook, "Cosa ne pensate dei giornalisti che fanno politica? Ha senso invocare obiettività quando ogni partito alla fine candida dei giornalisti? Per esempio Mentana non vota neanche. Ora se una forza politica sostiene con forza la necessità di non avere giornalisti faziosi come conseguenza la coerenza imporrebbe di non candidare giornalisti. Sbaglio?". E a chi tra i commenti le fa notare che "i giornalisti eletti nel M5S non stanno svolgendo la professione di giornalista", Fattori replica: "Ma la svolgevano e se sono stati eletti col 5 stelle evidentemente hanno avuto rapporti con esso e non sono stati obiettivi. L'obiettività può essere condizionata?".

Sulla questione entra in campo anche l'Agicom che stigmantizza gli attacchi alla stampa e ribadisce la necessità di "un'informazione libera, pluralista, rispettosa della dignità delle persone, del ruolo delle forze politiche e dell'autonomia professionale dei giornalisti".

Ma Alessandro Di Battista non molla. "Come volevasi dimostrare è partita la difesa corporativista, puerile, patetica, ipocrita, conformista e oltretutto controproducente di una parte del sistema mediatico", dice l'ex deputato grillino su Facebook, "Ben vengano le manifestazioni per la libertà di stampa, solo che andrebbero fatte in Svizzera sotto casa di De Benedetti, ad Arcore sotto casa di Berlusconi o davanti alle incompiute Vele di Calatrava per le quali il gruppo Caltagirone si è beccato un bel po' di soldi. Quando decisi di non fare il ministro lo feci per una sola ragione: per essere totalmente libero di scrivere e dire ciò che penso. Questo è un privilegio incredibile, altro che auto blu e assegni di fine mandato.

E quando inizi ad assuefarti alla libertà ne vuoi sempre di più, anche se sai che dire ciò che pensi ti farà tanti nemici e a volte ti farà venire il sangue amaro. Ma, allo stesso tempo, ti fa guardare allo specchio".

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