L'inutile golpe anti Cav: oggi l'economia va peggio

Quattro anni fa Berlusconi dovette lasciare per colpa dello spread malgrado pil in crescita e conti in ordine. Poi le cure Monti e Letta hanno affossato l'Italia

L'inutile golpe anti Cav: oggi l'economia va peggio

Sono passati quattro anni anche se sembra ieri. Il 12 novembre 2011 Silvio Berlusconi lasciò, con grande senso dello Stato, l'incarico di premier. La moral suasion del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che aveva tramato per la sostituzione, giunse finalmente al proprio scopo. I motivi fondamentali alla base del passo indietro furono sostanzialmente due: l'aumento dello spread (cioè il differenziale di rendimento) tra Btp decennali e gli omologhi Bund tedeschi al record storico di quota 574 punti e lo sfaldamento della maggioranza. Nonostante Berlusconi non fosse stato sfiduciato, optò per una soluzione che favorisse la concordia politica: il governo tecnico di Mario Monti.

Dopo 1.461 giorni la vicenda ha assunto un contorno diverso anche grazie alla pubblicazione dei libri di Alan Friedman, dell'allora sottosegretario al Tesoro Timothy Geitner, dell'ex board Bce Lorenzo Bini Smaghi e dell'ex premier spagnolo Luis Zapatero. La Germania di Angela Merkel e la Francia di Nicolas Sarkozy avevano deciso che Berlusconi doveva togliere il disturbo per far spazio a un esecutore delle loro direttive che evitasse all'Unione Europea qualsiasi tipo di impegno economico nella soluzione della crisi del debito, causata dalle manovre speculative internazionali.

Dopo quattro anni a che punto siamo? L'unico dato effettivamente in miglioramento è lo spread, tornato ieri sotto quota 100 punti. E non è un caso: ieri la Bce ha confermato l'intenzione di aumentare gli acquisti di titoli di Stato di Eurolandia e di questo si sono giovati i nostri Btp. Quattro anni fa c'era molta più incertezza. Al contrario, i peggioramenti più vistosi hanno riguardato il mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione, che Berlusconi aveva lasciato all'8,6%, nell'ultima rilevazione Istat si è attestato all'11,8%, valore inferiore ai picchi del 14% dell'anno scorso, ma molto critico. La disoccupazione giovanile è aumentata di oltre 10 punti, passando in questo periodo dal 30,1% al 40,5. Il Jobs Act di Renzi non ha prodotto miglioramenti anche se l'eredità lasciata da Monti e Letta era disastrosa.

All'attuale premier si può imputare un «cambio di verso» molto lento. Berlusconi fu costretto ad abbandonare la guida di un'Italia con il «segno più» davanti. La crescita economica adesso ritorna dopo quattro anni (-0,4% il Pil dell'anno scorso). Crescita che nel periodo berlusconiano era visibile anche attraverso la lente del tasso di inflazione: +2,8% nel 2011 contro il modesto +0,2% del 2014 e il +0,3% atteso quest'anno. La spirale potenzialmente deflattiva è generata anche dal carico fiscale che frena consumi e investimenti. Il Cav aveva lasciato un'Italia con un'incidenza delle imposte sul Pil al 41,6%, mentre nel biennio che sta per concludersi il governo Renzi l'ha mantenuta costantemente sopra il 43 per cento.

Sui consumi avrebbe dovuto incidere il bonus da 80 euro concesso ai redditi bassi e che costa circa 10 miliardi di euro annui, ma anche in questo caso gli effetti paiono modesti. In primo luogo perché negli otto mesi di vigenza l'anno scorso ha generato un incremento della spesa delle famiglie dello 0,4%, mentre quest'anno l'attesa è per un +0,8%, trascinata più dagli effetti benefici del quantitative easing della Bce che dalle ricadute della manovra renziana. Che Draghi sia più decisivo degli ultimi tre governi italiani lo dimostra la produzione industriale, che sta tornando a crescere - dopo un 2014 da tragedia (-3,5% gli investimenti fissi lordi) - grazie a questo fattore esogeno. Ai tempi di Berlusconi, nonostante l'immobilismo europeo, rimase invariata.

Qual è, dunque, il lascito di questi quattro anni senza Silvio, oltre a una sospensione della democrazia? Più deficit e soprattutto più debito, salito dal

120,1% al 132,8 previsto per quest'anno. Le manovre depressive di Monti & C. e quelle a base di spesa pubblica di Renzi hanno causato quest'impennata. L'Italia sta meglio senza Berlusconi? I numeri dicono il contrario.

infografica cifre 2011 2015

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