L'Italia cambia, Giuseppi no: è da due anni a Palazzo Chigi

Conte oggi celebra se stesso. Da "avvocato del popolo" con la Lega a "uomo solo al comando" sorretto dal Pd

L'Italia cambia, Giuseppi no: è da due anni a Palazzo Chigi

E sono due anni a Palazzo Chigi, arrivatoci quasi per caso, quando nessuno neppure conosceva Giuseppe Conte, avvocato da Volturara Appula, inventato da Di Maio come soluzione per andare al governo insieme alla Lega e assaporare finalmente il gusto del potere dopo troppi anni di miseria grillina. Un mix impossibile fu l'alleanza gialloverde, un premier improbabile è sempre stato Conte, eppure è ancora lì, con una maggioranza diversa ma con la piega dei capelli sempre impeccabile, anche durante il lockdown dei barbieri. Nessuno avrebbe scommesso un euro sulla sua durata biennale, viste le premesse. Già prima di essere designato era finito in una polemica sul curriculum gonfiato da fantomatiche frequentazioni di atenei che non lo avevano mai visto. Conte era dato già per spacciato prima ancora di mettere piede a Palazzo Chigi, un fantoccio creato e bruciato nel giro di poche ore. Invece l'avvocato ha smentito tutti i gufi, dimostrando grandi abilità nell'arte della sopravvivenza, opportunismo e trasformismo mirabili.

Si ricorda la sua esultanza sfrenata nel quartier generale dei Cinque stelle alla vista dei risultati elettorali nel 2018. Salvo poi assicurare di non essere mai stato organico ai grillini, che pure lo avevano proposto come ministro M5s. Si ricorda altrettanto la sua arringa contro «il business dell'immigrazione, cresciuto a dismisura sotto il mantello di una finta solidarietà», detto con toni squisitamente leghisti. Salvo poi cambiare rotta e scoprire che «abbiamo bisogno anche dei migranti», quando c'era da accontentare il Pd, nuovo alleato. Ma già molto prima di scoprirsi ammiratore di Di Maio, Conte aveva provato interesse per il renzismo, filtrato da Maria Elena Boschi, collega avvocato civilista in quel di Firenze, dove Conte è professore universitario. È proprio in quei panni di accademico che invece, sempre a Firenze, ha incrociato il suo destino con i Cinque stelle, avendo avuto come aiutante l'avvocato Alfonso Bonafede, futuro ministro e mentore del suo ex professore nel passaggio dalla cattedra alla poltrona politica. Un'ambizione che Conte ha sempre coltivato, con pazienza ma con tenacia, applicando un'innata capacità di adattarsi alle situazioni e plasmare le proprie idee a seconda dell'occasione. Ora sovranista, ora di sinistra, ora cattolico moderato con agganci in Vaticano, ora inflessibile difensore dei confini (al governo con Salvini) ora europeista senza frontiere, dal noi «siamo orgogliosamente populisti, anti sistema, ascoltiamo la gente» del Conte 1 al «nuovo umanesimo» del Conte 2, da «avvocato del popolo» a uomo solo al comando, per decreto e in diretta Facebook. L'Italia nel frattempo è cambiata, la maggioranza anche, l'economia stravolta, l'unica costante è il suo attaccamento al potere. In quello il premier può vantare qualche successo. Anche se arrivato lì per misteriose congiunzioni astrali e in rappresentanza di nessuno se non delle proprie ambizioni, Conte è già ben piazzato nella classifica di longevità dei premier italiani: più duraturo di Gentiloni, Monti, Letta, Amato, D'Alema e molti altri.

Il giurista, qualifica a cui teneva moltissimo nei primi tempi, si è ambientato benissimo nella palude politica italiana, fino a coltivare sogni da statista e progetti di partiti personali. Complice il sostegno benevolo di giornali e tg Rai, ben lavorati dal fidato Casalino, il premier riesce incredibilmente a surfare sulle macerie di un Paese in recessione, senza pagarne le conseguenze. La disastrosa gestione dell'emergenza Covid non sarebbe stata perdonata ad altri suoi predecessori, a lui sì. In questi due anni è passato attraverso discreti temporali, il Russiagate, il concorso da ordinario passato grazie alla commissione del suo ex socio Guido Alpa, ma soprattutto il primato di aver portato il Pil a -10%, lui che prevedeva anni «bellissimi» per l'Italia. Per altri sarebbe stata la fine, per lui no.

Il fatto di aver dichiarato guerra alla Lega lo ha fatto benvolere dall'establishment. È chiaro che punti a finire la legislatura. Nel curriculum a cui tiene molto potrebbe scrivere «2018-2023, presidente del Consiglio». Per lui, ma solo per lui, anni d'oro.

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