L'Italia non è un Paese di scienziati o ingegneri (perciò rischia il futuro)

Siamo fanalino di coda tra i grandi della Ue. Da noi tanti prof scontenti e avvocati litigiosi

L'Italia non è un Paese di scienziati o ingegneri (perciò rischia il futuro)

Mi faccia il piacere, direbbe Totò; ma quale nuovo umanesimo, presidente Conte, dico io. Che le fonti del nostro umanesimo siano sgangherate, è evidente, ma, proprio per questo, il buon senso suggerisce di restaurare la casa prima che ci caschi in testa, senza attendere che si realizzino le splendenti e felici sorti del nuovo umanesimo promesso da Conte.

Ci troviamo con 820.000 insegnanti malpagati, spesso mal formati, sempre scontenti per quello che si mettono in tasca e per come sono considerati dall'opinione pubblica. Eppure non dovrebbero essere loro l'architrave del nostro umanesimo o, più concretamente, coloro che si prendono cura dei nostri ragazzi per farli crescere con la preparazione culturale necessaria alle sfide professionali della concorrenza globale?

Andiamo avanti. Ci sono 243.000 avvocati: con ottimismo si potrebbe pensare che il nostro è un Paese devoto alla giustizia, in cui nessun torto resta impunito e il bene trionfa. Quel numero, purtroppo, è una assurda enormità, testimone dei nostri rapporti scioccamente litigiosi. Un numero così abnorme che spiega, anche, come la facoltà di giurisprudenza sia troppo spesso il refugium peccatorum dei giovani senza passioni, con imprecisi interessi, che vogliono però il pezzo di carta, la laurea, con la conseguenza di riempire le file dei laureati disoccupati.

Abbiamo, invece, un vero record, in negativo, che dovrebbe far riflettere chi culla sogni di un nuovo umanesimo. Tra i grandi Paesi dell'Unione europea, l'Italia è quello che ha meno scienziati e ingegneri, superata nettamente dal Regno Unito, Germania e Francia, ma anche da Spagna e Polonia. Lo rivelano alcuni dati pubblicati ieri da Eurostat, relativi al 2018. Nell'UE, nello scorso anno, il numero di scienziati e ingegneri tra i 25 e i 64 anni è aumentato del 4% rispetto al 2017: il numero totale è stimato in 17,2 milioni nei 28 Stati membri. L'Italia si colloca soltanto al sesto posto con 1 milione di scienziati e ingegneri pari al 6% di tutta la UE.

Dunque, a conti fatti, abbiamo un numero altissimo di insegnanti scontenti; un numero esorbitante di avvocati disoccupati o inutili, mancano ingegneri e scienziati.

Soffriamo questo deficit scientifico perché l'Italia paga il prezzo di una vecchia visione umanistica della cultura, che considerava gli studi classici alla base della formazione della classe dirigente del futuro. Un tempo era così, e ancora nei primi due decenni del secondo dopo guerra la nostra tradizione umanistica dava frutti eccellenti. Il degrado, dopo il 68, è stato drammatico: basta sondare la cultura dell'attuale classe dirigente che siede in Parlamento.

A questo degrado, va associata la debolezza del nostro sistema industriale che poco investe nella ricerca scientifica e nell'università, anche perché non viene sostenuto dallo Stato, per esempio con decisivi sgravi fiscali. Inoltre, manca un'adeguata programmazione scuola-lavoro che, al di là dell'attuale demagogia con cui si porta avanti questa relazione, offra una corretta informazione ai giovani sugli studi migliori per raggiungere opportunità professionali vincenti, oggi prevalentemente in campo scientifico, specialmente ingegneristico.

Eppure, se ci riflettiamo, l'attuale enfasi sul tema della sostenibilità, che si proclama a pieni polmoni in ogni angolo di strada, dovrebbe vedere protagonisti proprio noi italiani, se solo riuscissimo a coniugare la nostra tradizione umanistica con la modernità scientifica. In fondo, il problema dello sviluppo sostenibile si può affrontare seriamente soltanto se si è in grado di dare ai problemi del progresso scientifico risposte che rispettino l'essenza dell'uomo.

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