L'orgoglio del centrodestra: 200mila a San Giovanni

Dalla stessa piazza nel 2006 il Cavaliere fece saltare Prodi. E adesso la storia può ripetersi

Silvia Cocuzza

Roma Duecentomila persone. La stima arriva a metà manifestazione, quando San Giovanni scoppia per Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. «Non importa il numero, siamo come l'Olimpico e San Siro», gridano dalle prime file. Ed è, in effetti, l'immagine più rappresentativa di un'adunata che ha chiamato a raccolta da nord a sud, passando per le isole, tutta l'Italia. Latitudini e longitudini che disegnano la geografia di un popolo specchio di un Paese diviso dai dialetti e dalle tradizioni ma che intona un coro unanime: elezioni subito e centrodestra al governo. Ci sono i Giovani della Lega, da ogni dove, perfino dalla Sicilia, hanno percorso centinaia di chilometri per dire che ci credono, in un progetto politico che non cancelli le specificità regionali, anzi le esalti. Poco più in là un gruppo di giovani campani, stanchi di una «terra rovinata dalla sinistra». Ci sono i sostenitori di forza Italia, tra i più nostalgici. Quelli che c'erano anche nel 2006 che ha fatto storia, quando il Cavaliere, di fronte a un milione di persone, mandò l'avviso di sfratto al governo Prodi.

Un signore distinto, di mezza età, c'era allora e c'è anche oggi: sorride ricordando che a Berlusconi sarà sempre grato, perché ha salvato il Paese dallo spettro comunista, un ventennio fa, ma ora questo spettro c'è ancora e bisogna combatterlo, tutti insieme. Spettro e scheletro: sarà per l'aria ottobrina che ricorda l'arrivo di Ognissanti, fra striscioni e bandiere campeggia una sagoma di uno scheletro, appunto, quello del «Pd che odia gli italiani, ama lo straniero, favorisce l'immigrazione e diffama il popolo italiano», si legge. Profano e sacro: fra i simboli politici e i palloncini colorati, si affaccia timida dalla folla un'effige del Cuore immacolato di Maria, insieme a un dipinto raffigurante la Sacra Famiglia. Una signora, tiene stretta fra le mani una monumentale croce in legno. Anche questa è la fotografia dell'Italia che grida il suo orgoglio contro il governo delle poltrone e dei palazzi e rivendica, con fierezza e a tinte forti, un'identità storica e culturale, italiana e cristiana, mai come oggi messa al bando.

C'è anche una piazza a tratti ideologica. C'è la bandiera della Siria, quella della Catalogna indipendente, una bandiera del Venezuela perché »il nostro Paese non conosce la democrazia, invece Salvini sta facendo tanto anche per noi stranieri» racconta una giovane donna da anni in Italia, stringendo fra le braccia la sua bambina. La piazza s'infiamma, si commuove di fronte alla recitazione di uno dei passi più celebri di Oriana Fallaci, La rabbia e l'Orgoglio, e con rabbia ed orgoglio restituisce urlando a gran voce il suo «vaffa» a Grillo, ma anche alla Boschi, a Renzi, alla Fornero, a Fioramonti e a tutti i complici dell'ennesimo governo non voluto e non votato. Una piazza, quella rossa storica della sinistra, che si colora di blu, contro il rosso-giallo dell'inciucio Pd-Cinque Stelle, dove l'unico rosso che s'intravede è quello del tricolore di un'Italia che si abbraccia. I tempi della Lega Nord dei «Lumbard», sembrano ormai vecchie pagine di storia.

In effetti, a colpo d'occhio, il miracolo di San Giovanni in questo 19 ottobre è quello di una folla che vede gli uni accanto agli altri, da Brescia all'Umbria, passando per il Salento e un verace signore di Tor Spaccata dal marcato accento romano. E sotto il sole della Capitale, sventola la trinacria accanto al Leone di San Marco.

Sarà per questo che, in Piazza, è sceso anche «Garibaldi»: ha il volto e l'accento di un colorito signore di Caserta che, travestito e bardato in costumi d'epoca, invoca il tempo di costruire una nuova Italia. Questa volta, fatti prima gli italiani. E a guida centrodestra.

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