L'ultima marchetta di Alfano: il busto di Bernini ad Agrigento

Il ministro privilegia ancora il suo collegio elettorale, vuole portare la statua alla Sagra del mandorlo Dalla festa della Polizia in Sicilia con 50 auto blu ai fondi a pioggia, tutti i favoritismi al suo feudo

S arà che comincia per «A», come la prima lettera dell'alfabeto e le sue iniziali. E sarà pure che quella città fondata dagli antichi Greci e che ha dato i natali a Pirandello è la sua ragione di vita, visto che è lì che Ncd prende i voti che gli servono per restare a galla senza restare confinato allo zero virgola del resto d'Italia. Sia quel che sia, amore di siciliano o interesse di politico, ma Agrigento, la città dove è nato, è sempre al primo posto nel cuore del ministro dell'Interno Angelino Alfano. Che oltre a tornarci piuttosto spesso - è dell'estate scorsa la polemica sui suoi voli di Stato estivi a cadenza praticamente settimanale nel week end con destinazione Sicilia - non manca, quando può, di provvedere alle necessità locali. L'ultimo afflato d'amore di Angelino per la sua Agrigento sta diventando un caso. Succede che alla Sagra del mandorlo in fiore, evento clou della zona all'insegna della pace tra i popoli, tra mandorli fioriti e mandorle vere da degustare, tra gruppi folkloristici provenienti da tutto il mondo e vino da sorseggiare, compare un intruso, tra gli eventi speciali: «Esposizione del Salvator Mundi dal 20 febbraio». E che c'azzecca Gian Lorenzo Bernini con la Sagra del mandorlo? C'azzecca perché il «Salvator Mundi» fa parte del Fondo edifici di culto, che è sotto la giurisdizione del Viminale. E chi è responsabile del Fondo? Bravi, proprio l'amorevole Angelino. Che ovviamente cerca di portarla nella sua Agrigento, no? La polemica, raccontata da Repubblica, è per i rischi che il busto marmoreo, custodito a Roma nel convento di San Sebastiano, potrebbe correre, considerato che è molto fragile. La partita comunque non è ancora chiusa perché per un pasticcio di nulla osta, la statua potrebbe non partire. Facendo rimediare ad Alfano l'ennesima figuraccia, e per di più nella sua amata terra natìa.Ma si, arrivi o meno il «Salvator Mundi» ad Agrigento, non importa, in fondo basta il pensiero. E non c'è pensiero che il titolare del Viminale non rivolga alla sua città. Prendiamo l'università. Si deve fare un centro che si occupi di migrazioni e area mediterranea? Voila, ottima occasione, sotto l'ala del ministro, di rilanciare il polo universitario della città dei Templi, con un bel centro interdipartimentale «con risorse vincolate per la sede agrigentina» da realizzare in collaborazione con l'Università di Palermo. Non si contano le «attenzioni» di Angelino per la sua Agrigento: dai due milioni di euro del 2014 per la cura dei bambini e degli anziani non autosufficienti del comprensorio allo stop al patto di Stabilità per i comuni agrigentini in primis, ma anche del resto della Sicilia disposto nell'estate del 2014. Un cuore grande, quello di Angelino. Per Agrigento e anche per Catania, dove si trova quella macchina da voti e da soldi che era, prima dello scandalo Mafia Capitale, quell'enclave elettorale che è Mineo con il suo Cara degli scandali. Anche alla città etnea Alfano non fa mancare le cure.

A settembre ha voluto ad ogni costo che la festa nazionale della Polizia si svolgesse lì, all'ombra dell'Etna. Ma l'attenzione affettuosa gli si è ritorta contro, viste le polemiche legate alla cinquantina di auto blu che hanno invaso la città.

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