Roma - C'è un tema trasversale, a parte le beghe interne di ognuno, che aleggia come un'ombra sulla politica italiana. Tra frenate, ripensamenti, e ritrosie, l'accordo sulla legge elettorale è ancora lontano dal vedere la luce. Dopo il 4 dicembre che ha schiantato Renzi e la bocciatura dell'Italicum da parte della Corte Costituzionale, i partiti discutono, la «palude» evocata da tutti come uno spettro è vicina, mentre le elezioni si allontanano. Così, Maria Elena Boschi ammette di «essere preoccupata», l'ex premier Matteo Renzi si dichiara «ostaggio» e i renziani in Parlamento sono tentati da un approccio trasversale, appunto, con Forza Italia o il M5s.
Al momento, la palla è nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dal Quirinale fanno sapere che con il doppio Consultellum, ora in vigore al Senato, non si va alle urne. E, con la battaglia congressuale del Pd sullo sfondo, Emiliano e Orlando marciano divisi per colpire uniti: «No a una legge che permetta inciuci e larghe intese con Berlusconi». L'obiettivo delle minoranze interne al Pd e degli scissionisti di Mdp-Articolo 1 è quello di eliminare i capilista bloccati: «Non vogliamo un partito e un Parlamento di servi» rilancia il leader dei bersaniani fuoriusciti Roberto Speranza, gli fa eco dall'«esilio» parigino Enrico Letta, altro sostenitore di Andrea Orlando al congresso. I renziani in Transantlantico, invece, non fanno mistero di preferire un Italicum corretto, come quello in vigore alla Camera, e di volerlo estendere al Senato. Magari cercando delle sponde «esterne». E addio al Mattarellum, un opzione che andrebbe bene soltanto all'interno del Pd. Con il Presidente Mattarella che però punta ad estendere la soglia del 3% prevista dall'Italicum anche al Senato, così da dare il cosiddetto «diritto di tribuna» un po' a tutte le forze politiche. Una soluzione, quest'ultima, che non va giù a Renzi. L'ex rottamatore vorrebbe convincere il Quirinale ad adottare una soglia del 5% in entrambe le Camere. L'obiettivo? Liberarsi dei fuoriusciti del Mdp e avere «un centrosinistra in grado di vincere da solo». Stesso ragionamento fatto sabato in un'intervista a La Stampa, dal coordinatore della mozione congressuale di Renzi Matteo Richetti. In tutto questo trambusto non potevano mancare i grillini: il M5s depone l'ascia di guerra e offre al Pd un premio di governabilità, un correttivo per «eliminare tutti i partitini e garantire governabilità». Insomma, il nemico comune di pentastellati e democratici di rito renziano. E Beppe Grillo si leverebbe così dall'impiccio delle alleanze, vietate dalle regole del Movimento. Infatti, il premio proposto dal M5s andrebbe alla lista e non alla coalizione. Tradotto: pochi seggi in più alla lista che ottiene più voti. E pericolo Mattarellum scampato, compresi i collegi uninominali che non piacciono alla truppa di Grillo. Altro nemico comune con la truppa dell'ex rottamatore.
Il tutto andrà limato durante i lavori in commissione, dove dovrà essere studiato il sistema per rendere omogenee le leggi a Montecitorio e a Palazzo Madama. Sempre che il Parlamento non continui, come Narciso, a specchiarsi nello stagno, anzi nella palude.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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