I soldi non gli bastavano per fare il parlamentare. Il senatore uscente M5S Maurizio Buccarella in una lettera al Nuovo Quotidiano di Puglia prova così a spiegare le sue ragioni in merito allo scandalo di Rimborsopoli.
"A fronte dell’impegno che ho profuso nell’attività parlamentare ed ai sacrifici che imponevo a me, alla mia famiglia, al mio lavoro per sette giorni alla settimana, i poco più di 3mila euro mensili netti che i parlamentari M5s si sono attribuiti come retribuzione effettiva, non mi avrebbero permesso, alla mia età, di tornare alla mia vita, nel mio studio professionale - dopo uno stacco di cinque anni senza alcun paracadute o vantaggio acquisito per i contatti professionali - con una accettabile serenità", scrive il senatore.
Che poi in una intervista al Fatto quotidiano aggiunge: "Tutto questo mi è successo perché stando in Parlamento mi sono reso conto che l'impegno da eletto mi assorbiva quasi sette giorni su sette. Non rimaneva tempo né possibilità di poter seguire la mia attività professionale. Io sono un piccolo avvocato, non sto in un grande studio con altri soci. E non ho mai avuto appoggi politici o incarichi in società o di altro tipo. Ho sbagliato, so di avere fatto una cazzata. Ma so anche di non essere una persona spregevole. E al Movimento ho dato tanto".
E ancora: "A breve verrò cancellato dall'elenco dei difensori d'ufficio. E per me era una fonte di guadagno importante. Penso che le nostre regole sui tagli alle retribuzioni e il sistema stesso delle rendicontazioni non vadano bene.
I parlamentari del M5S - suggerisce, ricordando di aver donato "più di 100mila euro in 5 anni - potrebbero applicare tagli forfettari alle loro retribuzioni, senza sottoporsi a folli raccolte di scontrini e ricevute, e calibrando tutto sulle singole situazioni personali e lavorative. Io non sono un dipendente pubblico in aspettativa".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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