M5S, un direttorio che sa di Dc non di rivoluzione

Nella politica italiana la parola direttorio non è certo alla rivoluzione francese che fa pensare, ma a qualcosa di più simile alla Dc e a quelle soluzioni cuscinetto utili nelle situazioni di crisi

M5S, un direttorio che sa di Dc non di rivoluzione

Da Grillo sarebbe stato lecito aspettarsi almeno un nome originale. E invece no, il leader del M5S non si è nemmeno sforzato di far sembrare quello che sta accadendo come qualcosa di diverso da ciò che effettivamente è. E così il lento suicidio dei pentastellati passa per un banalissimo «direttorio», la più scontata delle certificazioni del fatto che alla fine pure il Movimento è un partito come gli altri e che «uno vale uno» fino ad un certo punto.
Certo, la definizione scelta per questa struttura a cinque che dovrebbe fungere da «sistema di rappresentanza più ampia» storicamente nasce con la rivoluzione francese per evitare che il potere si concentrasse nelle mani di una sola persona. Ma anche in quel caso dopo un po' mostrò i suoi limiti e la sua instabilità. E a ben vedere le reazioni di molti deputati pentastellati non lasciano presagire nulla di buono neanche in questo caso. Non detrattori esterni, ma eletti, parlano del rischio di trasformarsi nel più classico dei partiti. Come Ciprini, Baldassarre o Terzoni, che invita a «lasciare le strutture al Pd» ed «andare oltre». Reazione stizzita di chi è stato escluso, si potrebbe legittimamente obiettare.

Ma è un dato di fatto che nella politica italiana la parola direttorio non è certo alla rivoluzione francese che fa pensare, ma a qualcosa di più simile alla Dc e a quelle soluzioni cuscinetto che si approntano nelle situazioni di crisi. Come le cabine di regia o i comitati ristretti. Soluzioni che di solito servono a tamponare un problema e non a risolverlo. E a questo punto è lecito chiedersi come, dopo una ribellione così esplicita verso la proposta di Grillo ancora prima che ad esprimersi fosse la Rete, i gruppi parlamentari possano continuare a tenersi in piedi come nulla fosse.

La stessa domanda che si fa chi nel Pd è da settimane alla ricerca dei voti in libera uscita dei grillini in vista di quella che sarà la partita chiave dei prossimi mesi: il voto per eleggere il successore di Napolitano. Uno scouting che ora potrebbe essere decisamente più semplice.

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