Roma - Senatrice Anna Maria Bernini, siamo ormai nel vivo della campagna elettorale. Quale clima respira nel Paese?
«Un grande entusiasmo verso il centrodestra e una grande apertura di credito da parte delle categorie produttive. In tutti c'è la percezione che l'unico voto utile sia quello dato a Forza Italia, l'unico in grado di garantire governabilità, ma anche crescita e un rilancio di fiducia. Gli italiani sanno che c'è bisogno di abbassare le tasse, aumentare le pensioni, liberare il lavoro e avere città più sicure. E questo il centrodestra lo ha già fatto ed è pronto a rifarlo».
Berlusconi è sempre più protagonista di questa campagna elettorale. Resta, però, l'anomalia di un leader non candidabile.
«Il fatto che sia sceso di nuovo in campo senza poter puntare a una poltrona lo rende ancora più forte. La gente percepisce la sua generosità e il suo senso dello Stato. Berlusconi deve avere la sua giusta riabilitazione, ma nel cuore della gente non ha alcun bisogno di essere riabilitato».
La flat tax è il cavallo di battaglia del centrodestra. Lei propone di legarla a un progetto di pace fiscale.
«La flat tax significa meno tasse per tutti. Storicamente far pagare meno tasse porta più denaro nelle casse dello Stato e più benessere per tutti. Un sistema rivoluzionario che implica, però, la chiusura delle pendenze con coloro che non sono evasori, ma semplicemente con la loro capacità contributiva non ce la fanno a pagare il loro debito con lo Stato».
Come dovrebbe avvenire in concreto?
«Attraverso un accordo tra cittadini e Stato, Il cittadino deve pagare tasse compatibili con la sopravvivenza, come ho già chiesto con una mia proposta di legge. Perché giustizia sociale impone di distinguere e tenere conto della capacità di reddito di ciascuno».
I fatti di Macerata incideranno sul voto?
«Bisogna dire con chiarezza che si tratta di un gesto di un folle, da condannare senza se e senza ma. Detto questo descrivere la provincia come un luogo felice significa non comprendere il disagio sociale che si vive in questi tempi. L'immigrazione incontrollata e la microcriminalità impattano soprattutto sulle fasce più deboli, ma questo malessere montante la sinistra radical-confusa e i salotti caviar fanno fatica a percepirlo».
La sua Emilia Romagna per il centrodestra rappresenta ancora oggi una missione impossibile?
«No, il cuore rosso d'Italia esiste tra i burocrati di partito di Comune e Regione, cresciuti nell'opulenza degli anni '80 e incapaci di tenere conto della crisi. Prova di questa perdita di contatto con la realtà il fatto che a Bologna candidino un vecchio democristiano come Casini, già presidente della Camera in quota centrodestra».
Perché lei reputa l'Emilia-Romagna contendibile?
«Perché è una regione in cui si lavora con l'innovazione, nell'agroalimentare, nella meccatronica, nel packaging, nel biomedicale. Imprese proiettate nel futuro che la sinistra non sa intercettare».
In un governo di centrodestra lei in quale ruolo si vedrebbe?
«Come lei ben sa questa è la famosa risposta che non bisogna mai dare neppure sotto tortura».
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