Macelleria Isis in Siria: rapiti e uccisi a centinaia

Dopo la mattanza di sabato, i 400 sequestri di Deir el-Zour: tra i decapitati soprattutto donne, bimbi e anziani. Sono i parenti dei militari vicini ad Assad

L' ennesimo, orribile, massacro delle bandiere nere insanguina la martoriata Siria. Sabato i seguaci del Califfo hanno scatenato un'offensiva dalla loro roccaforte di Deir el-Zour su un sobborgo ancora in mano ai governativi. Ed è scattata la mattanza. Fra 150 e 300 persone, in gran parte civili comprese decine di anziani, donne e bambini sono state brutalmente uccise. Decapitate oppure freddate con un colpo alla nuca e gettate nel fiume Eufrate. «Sono andati a prenderli casa per casa» denunciano gli attivisti curdi. La loro colpa, secondo i tagliagole dello Stato islamico, è far parte delle famiglie di soldati o miliziani, che appoggiano il regime di Damasco. Trucidarli deve servire a convincere gli ultimi difensori di un vicino aeroporto militare, praticamente circondato dalle truppe jihadiste, ad arrendersi. Fra i morti ci sarebbero anche 50-80 militari, ma per la stragrande maggioranza le vittime sono civili. Il governo siriano ha parlato «di massacro spaventoso».Non solo: altre 400 persone sono state prese in ostaggio durante l'offensiva alla periferia Nord di Deir el-Zour.L'Osservatorio siriano per i diritti umani, che ha sede nel Regno Unito, certifica che ieri 135 abitanti dei sobborghi di Begayliya e Ayash sono stati uccisi. Abdel Rahman, responsabile dell'Osservatorio, ha lanciato un secondo allarme altrettanto terribile. «Temiamo che i 400 civili sequestrati vengano giustiziati o ridotti in schiavitù con il pretesto che erano sostenitori del regime», denuncia il rappresentante siriano. L'Osservatorio cerca di mantenere un minimo di equidistanza fra le fazioni che si scannano in Siria da cinque anni. Un'altra terribile possibilità è che gli ostaggi vengano utilizzati come scudi umani davanti alle postazioni governative. Se i numeri venissero confermati si tratterebbe di una delle stragi più sanguinose compiute dallo Stato islamico.La provincia di Deir el-Zour, al confine orientale con l'Irak, è strategica per il Califfato. Gran parte dell'entroterra e almeno il 60% del capoluogo sono controllati dalle bandiere nere. Solo una base aerea resiste e nelle ultime 48 ore i caccia bombardieri russi hanno dato man forte dal cielo alle spossate unità governative. L'attacco dello Stato islamico è scattato con dieci kamikaze, che si sono fatti saltare in aria per aprire un varco alle bandiere nere attraverso le postazioni governative. I seguaci del Califfo sono riusciti a sfondare dilagando nel sobborgo di Begayliya, dove è avvenuto il grosso del massacro.Deir el-Zour è una zona ricca di petrolio. Non a caso le prime conquiste jihadiste nell'area risalgono al 2013. Gran parte degli introiti del Califfo nella provincia arrivano dal contrabbando di greggio attraverso la Turchia. Il 16 novembre i caccia americani hanno colpito, per la prima volta, 116 camion cisterna, che trasportavano greggio di contrabbando nella provincia di Deir el-Zour. Il raid è scattato dopo che i russi avevano cominciato a bersagliare le colonne del petrolio del Califfo venduto al mercato nero turco. Il 16 maggio scorso un blitz dei corpi speciali americani nell'area aveva cercato di catturare il ministro del «petrolio» dello Stato islamico, che ha preferito morire sparando piuttosto che arrendersi.Nella seconda roccaforte siriana del Califfo, dopo Raqqa, viveva un'importante comunità di cristiani. «Quando sono arrivati i miliziani dell'Esercito libero (ribelli filo occidentali nda) non siamo scappati.

Poi però è stata emessa una fatwa che rendeva possibile la confisca dei beni dei cristiani e gli estremisti stranieri hanno devastato le chiese usandole come basi» racconta George Hanna. «Noi cristiani abbiamo tentato di salvare i luoghi sacri e opporci con le armi, ma eravamo appena 200 - ammette il sopravvissuto fuggito in Libano - Ci hanno spazzato via».

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