La maggioranza anti scudo vuole chiudere le fabbriche

Il Pd si accoda ai grillini. E lo fanno anche i renziani che mettono la retromarcia sull'immunità ad Arcelor

La maggioranza anti scudo vuole chiudere le fabbriche

Il sospetto è che più che salvare l'ex Ilva di Taranto a Movimento cinque stelle e Partito democratico prema salvare il governo. Un po' si era capito dal silenzio dei dem quando sono stati presentati gli emendamenti al decreto fiscale che avrebbero riaperto uno spiraglio nella trattativa con Arcelor Mittal, confermando lo scudo penale per i manager. Due portavano la firma di Italia viva di Matteo Renzi, gli altri erano tutti di partiti del centrodestra.

Ieri la conferma, dal versante pentastellato, con lo stop agli stessi emendamenti pro Ilva presentati alla commissione Bilancio della Camera. La presidente M5s Carla Ruocco li ha bocciati tutti per «estraneità di materia».

Vero che lo scudo penale per i vertici del gruppo siderurgico non è materia fiscale, ma è anche vero che il provvedimento per metà riguarda materie varie, dal trasporto pubblico locale ai seggiolini anti abbandono.

Sulla decisione ieri si è scatenato uno scontro tra Forza Italia e pentastellati. Mariastella Gelmini, capogruppo azzurro alla Camera, ha accusato i partiti della maggioranza di comportarsi «in modo irresponsabile», preferendo «scappare, rimandando ulteriormente decisioni che andranno inevitabilmente prese, e lasciando nell'incertezza un'intera città, le famiglie di 15mila lavoratori e il comparto dell'industria siderurgica italiana».

Ruocco ha a sua volta accusato l'esponente Fi di speculare «sulla pelle dei cittadini di Taranto». Gli stessi emendamenti secondo la presidente della Commissione «sono stati presentati per fare un'indegna speculazione politica».

Riferimento non tanto agli emendamenti di Forza Italia, quanto a quello di Italia viva, firmato dalla deputata ligure Raffaella Paita e da Luigi Marattin. Quando è stato presentato la settimana scorsa ha aperto scenari politici inediti. In particolare la convergenza del centrodestra, Lega di Matteo Salvini compresa, sulle proposte dei renziani.

Per evitarlo il governo ha fatto di tutto. Ieri, sulla scorta delle prime aperture del M5s a una soluzione transitoria per gli stabilimenti pugliesi dell'Ilva, anche Italia viva ha deciso di non insistere.

Ieri sera al ministero dell'Economia i partiti di maggioranza hanno tenuto un vertice sugli emendamenti al Dl fiscale e i renziani hanno deciso di non risollevare il tema, concentrandosi sui temi fiscali.

Ancora silenzio dal Pd. A parte un intervento di Andrea Romano, esponente dem della corrente Base riformista, nemmeno un cenno. Solo il Pd di Taranto in una nota ieri ha chiesto che la vicenda diventi «una priorità con i fatti». La protezione legale «va reintrodotta prima di qualsiasi decisione» per i democratici della città dell'ex Ilva.

Promettono ancora battaglia le opposizioni. «Presenteremo ricorso» annunciano Giorgia Meloni Fabio Rampelli di Fratelli d'Italia.

Dei circa 900 emendamenti al Dl fiscale presentati oltre 300 non sono stati ammessi alla votazione che si terrà lunedì. Tra quelli bocciati, l'emendamento bipartisan a prima firma Laura Boldrini (Pd) che puntava a introdurre l'Iva agevolata al 10% sui prodotti sanitari e igienici femminili, come assorbenti, tamponi, coppe e spugne mestruali. Il vero scontro resta sul carcere agli evasori e sulle altre misure anti evasione.

Anche in questo caso la voce critica nella maggioranza è quella di Iv.

Ma il M5s non è disposto a fare passare le proposte dei renziani. «Nessun passo indietro né soluzioni di compromesso» sul carcere ai grandi evasori ha detto ieri il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. «Se qualcuno ha cambiato idea sono problemi suoi».

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