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Di Maio "copia" Salvini. Il Pd per ora sopporta ma c'è il nodo Casalino

Il leader M5s vuole ritagliarsi il ruolo di «guastatore» Il portavoce chiama i ministri Pd che non gradiscono

Di Maio "copia" Salvini. Il Pd per ora sopporta ma c'è il nodo Casalino

«Di Maio vuole scimmiottare Salvini, vediamo fin dove si spinge». Ai piani alti di largo del Nazareno non hanno alcun dubbio. E sanno che d'ora in poi il leader del M5s farà di tutto per smarcarsi dal Pd provando a ritagliarsi quello spazio grazie al quale l'ex ministro dell'Interno è riuscito a farsi percepire come fosse all'opposizione. Matteo Salvini lo ha fatto per ben 14 mesi, nonostante la doppia poltrona a Palazzo Chigi come vicepremier e al Viminale come ministro. E Luigi Di Maio, che quel movimentismo l'ha pagato con una corposa trasfusione di consensi dal M5s alla Lega, è deciso a seguire gli insegnamenti dell'ex alleato.

D'altra parte, come ammetteva in Transatlantico il giorno della fiducia al Conte bis il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, «il fatto che su molti temi noi e i Cinque stelle abbiamo idee opposte non mi pare una notizia». Di argomenti buoni per tirare la corda, insomma, ce ne sono in abbondanza. E proprio ieri Di Maio ha iniziato a spingere l'acceleratore su diversi fronti. Su un tema caro al Pd come l'immigrazione, ci ha tenuto a dire che non c'è stato alcun cambio di marcia rispetto al precedente governo. Insomma, alla Ocean Viking è stato permesso di sbarcare «solo perché l'Europa ha aderito alla nostra richiesta di prendere gran parte dei migranti». D'altra parte, il ministro degli Esteri deve esercitarsi nel difficile equilibrismo di rivendicare la politica dei porti chiusi e contemporaneamente non smentire il nuovo corso. Che invece il Pd rivendica. «Fine della propaganda di Salvini sulla pelle dei disperati», twitta infatti il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. Parole condivise sia dal segretario dem Nicola Zingaretti che da Matteo Renzi.

Per il momento, insomma, la linea del Pd è quella di rivendicare senza polemizzare. Nessuno, infatti, replica direttamente a Di Maio. Che affonda pure su Autostrade: «Andiamo avanti con la revoca delle concessioni ai Benetton. Sono contento che per il Pd non sia più un tabù». Anche qui, toni molto soft dai dem. Che per bocca del ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli si limitano a rimandare la palla al premier: «La posizione del governo è quella espressa da Conte». Che, va detto, nel discorso della fiducia ha parlato di «progressiva revisione del sistema delle concessioni» ma non di revoca. Anche questo, dunque, potrebbe rivelarsi un fronte particolarmente caldo. Come tanti altri, a partire dalla riforma della giustizia. Insomma, non ha torto Orlando quando dice che «il punto non sono le divisioni, ma la capacità di trovare una sintesi a queste distanze».

E proprio in quest'ottica un tema caldo sul tavolo del nuovo governo è la comunicazione, sempre più determinante in una politica fluida e che viaggia su diversi canali e con diversi registri. A largo del Nazareno, per dire, non hanno gradito che il portavoce del premier Rocco Casalino abbia chiamato direttamente alcuni ministri dem cercando di mettere in qualche modo il cappello sulla comunicazione dell'esecutivo. Anzi, consapevoli di quanto gli equilibri tra M5s e Lega siano stati giocati su questo fronte, il Pd ha già posto il problema a Giuseppe Conte. Senza un vicepremier né un sottosegretario alla presidenza, infatti, i dem sono rimasti di fatto fuori da Palazzo Chigi. Che però non può pensare di gestire la comunicazione in autonomia e, magari, a seconda dei casi anche contro il Pd.

Che, non a caso, vorrebbe che Casalino fosse coadiuvato da due vice indicati dai dem.

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