Luigi Di Maio pensa a una fronda del Sud, pronta a sganciarsi dal Movimento in caso di svolta a sinistra dei Cinque stelle. Sedi, soldi e uomini: il piano è in fase avanzata. E procede passo dopo passo. Domani alle ore 18, in provincia di Napoli, nel Comune di Pomigliano D'Arco, città del ministro degli Esteri, sarà inaugurata la sede di Spazio 5 stelle. È il quinto (già attivi a Pozzuoli, Giugliano, Torre del Greco e Campagna) spazio pentastellato della Campania. Mentre in Sicilia ne è stato aperto uno ad Agrigento. L'obiettivo è arrivare almeno alla soglia delle 500 sedi entro gennaio 2020. Un'operazione che punta a consolidare il legame tra gli attivisti nel Sud d'Italia e il ministro Di Maio. L'organizzazione degli spazi 5 stelle nel Sud è curata da Dario De Falco, ex capo della segreteria di Di Maio a Palazzo Chigi e braccio destro (e operativo) del leader dei Cinque stelle. La nascita di laboratori grillini è il tassello di un'operazione più vasta: la preparazione di una corrente nel Meridione che fa capo a Di Maio.
Non è un caso che il ministro degli Esteri abbia scelto proprio le regioni del Sud per il suo tour tra gli attivisti. La Campania è stata la prima tappa, dove la leadership del ministro degli Esteri è ancora forte e solida. In Consiglio regionale della Campania, 5 consiglieri su 7 sono legati al leader grillino. Poi la Sicilia, la regione di Giancarlo Cancelleri, viceministro delle Infrastrutture e Trasporti, altro fedelissimo di Di Maio. Poi sarà il turno di Puglia, Basilicata e Calabria. È una ripartenza dal basso che punta a blindare (e salvare) la leadership di Di Maio in caso di strappo con Beppe Grillo e Davide Casaleggio.
L'idea di Di Maio, che non ha mai nascosto la sofferenza per la svolta a sinistra del Movimento, è di mobilitare truppe nel Meridione, pronte a seguirlo in caso di scissione. Organizzare una fronda autonoma, radicata sui territori, che gli consenta di mantenere il posto di comando. Al momento la scissione è solo un'ipotesi in caso di sconfitta nella battaglia interna al Movimento.
Ma l'opzione va tenuta sul tavolo. Perché bisogna prepararsi a tutti gli scenari. Soldi e uomini sono due condizioni indispensabili per dare corso al progetto. I fondi arrivano direttamente dagli spazi 5 Stelle. Il sistema per drenare denaro al piano di Di Maio è spiegato bene da De Falco all'Adnkronos: «Nessun fondo nazionale. Le spese sono sostenute di volta in volta dal gruppo locale con raccolta fondi tra portavoce, attivisti e anche cittadini che liberamente nelle iniziative organizzate decidono di lasciare un piccolo contributo alla cassetta delle offerte». Un passo decisivo per staccarsi dalla dipendenza economica della Casaleggio. Soldi che ritorneranno utili non solo per le iniziative locali ma soprattutto per sostenere le spese di una campagna elettorale autonoma.
Il reclutamento di proseliti è il secondo passo: organizzare una rete di fedelissimi, tra consiglieri regionali, attivisti e amministratori, pronta a sposare il piano scissionista di Di Maio. Piano che potrebbe stuzzicare anche Alessandro Di Battista, sempre più contrario all'alleanza con il Pd. C'è, dunque, una prospettiva politica dietro l'operazione. Se Di Maio fosse costretto a passare la mano, il Movimento ritornerebbe sotto la guida di Grillo o andrebbe nelle mani di un leader dell'ala di sinistra: Roberto Fico, Vincenzo Spadafora o Roberta Lombardi.
A quel punto, Di Maio avrebbe due strade: accodarsi al nuovo corso o strappare. Trasformando la fronda in un movimento grillino del Sud. Un nuovo soggetto politico aperto al dialogo con la Lega. Perché in fondo, in cuor suo, Di Maio «sogna» un ritorno di fiamma con Matteo Salvini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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