Di Maio nega l'addio ma la sua leadership è arrivata a fine corsa

«Surreali le dimissioni da capo politico» I fedelissimi a caccia di talpe: «Parassiti»

Di Maio nega l'addio ma la sua leadership  è arrivata a fine corsa

Si dimette? Non si dimette? La situazione del capo politico del M5s Luigi Di Maio sembra una riedizione della celebre scena del film Ecce Bombo di Nanni Moretti. E circolano anche altre due domande, all'interno dei Cinque Stelle: chi ha fatto uscire l'indiscrezione? Se si dimette, quando? In un clima di veline sospette e veleni incrociati, ieri la giornata è stata aperta dal contrattacco dei sottosegretari fedeli al leader di Pomigliano d'Arco. Un uno-due firmato da Laura Castelli e Manlio Di Stefano. La viceministra dell'Economia, in un post su Facebook, ha lanciato un'accusa nei confronti di una non meglio precisata talpa grillina che avrebbe sussurrato il retroscena delle dimissioni di Di Maio al Fatto Quotidiano, giornale vicino al M5s: «Se escono prime pagine come quella di stamattina è perché qualcuno fa circolare voci infondate, con insistenza - ha scritto la Castelli - il Fatto è un giornale che stimo, per questo credo che qualcuno gli abbia volutamente raccontato falsità o peggio desideri personali. Non commento mai questioni interne, ma questa volta lo considero veramente necessario». Quindi ha proseguito: «Sarebbe il caso che chi è legittimamente in dissenso con il capo politico, l'amico, il ministro, Luigi, lo facesse a viso scoperto. Senza lasciarsi a retroscena che avvelenano il clima».

Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri, ha tratteggiato il santino di Di Maio: «Riconosco benissimo i volti di chi al mio fianco ha fatto crescere il progetto del M5s fino a divenire il sogno che stiamo vivendo di cambiare in meglio il nostro amato Paese. Tra questi volti c'è quello di Luigi Di Maio, persona onesta, instancabile e innamorata dell'Italia». Poi il messaggio all'interno, rivolto ad attivisti e simpatizzanti, con attacco frontale ai ribelli: «Siete persino liberi di credere alle favole che stanno raccontando i parassiti che ci stanno succhiando il sangue dall'interno, ma a questo non c'è cura se non la psichiatria». Si sono stretti intorno a Di Maio anche l'ex capogruppo alla Camera Francesco D'Uva e altri parlamentari fedeli.

Ma le voci dell'addio del capo politico hanno gettato nella confusione la truppa parlamentare. Con i deputati e i senatori rimasti vicini al leader preoccupati da due possibili evoluzioni di una crisi interna. Innanzitutto la durata della legislatura e poi la paura di un repulisti dei fedelissimi di Di Maio in caso di ricambio della leadership, anche in vista della futura composizione delle liste alle politiche, perché prima o poi si andrà a votare. E il grosso degli eletti pensa, in primis, al suo futuro. «Bah, speriamo che non si dimetta, sicuramente il problema del Movimento non è Di Maio», ci dice un deputato. Intanto si rincorrono gli scenari sull'ipotesi delle dimissioni. Lo staff del capo politico ha smentito con durezza la notizia: «Smentiamo quanto riportato quest'oggi dal Fatto Quotidiano in merito alle dimissioni da capo politico del M5s di Luigi Di Maio. Una narrazione, con tanto di fantomatica data delle dimissioni, che appare decisamente surreale». Secondo il quotidiano, Di Maio sarebbe pronto a lasciare il timone tra il 20 e il 21 gennaio, a ridosso delle regionali in Emilia-Romagna e Calabria, appena eletti i «facilitatori». Ricostruzione bollata come un «falso retroscena» dallo staff.

In pochi, in verità, credono al timing del Fatto. Gli scogli restano due: le regionali e gli Stati Generali del M5s, fissati dal 13 al 15 marzo.

I dubbiosi pensano che il passo di lato potrebbe arrivare dopo i test elettorali, se il risultato come pare sarà deludente. O, in alternativa, proprio durante gli Stati Generali, il congresso del Movimento diventato partito.

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