Le mani della 'ndrangheta sugli appalti: "Contatti e affari con politici milanesi"

Nel mirino due cosche radicate nel Comasco. Gli inquirenti: "Infiltrazioni in opere connesse all’Expo". In manette ex consigliere comunale del Pd

Le mani della 'ndrangheta sugli appalti: "Contatti e affari con politici milanesi"

Un rete capillare che da Milano arriva a Como e dalla Brianza punta verso Vibo Valentia e Reggio Calabria. Al centro delle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini c'è il sodalizio tra due cosche della ’ndrangheta radicati nel Comasco, con infiltrazioni nel tessuto economico lombardo: la procura distrettuale antimafia di Milano ha fatto scattare le manette a tredici persone che sono indagate per "associazione di tipo mafioso, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro di provenienza illecita, abuso d’ufficio, favoreggiamento, minacce e danneggiamento mediante incendio". Accertati, tra l’altro, gli interessi delle cosche in speculazioni immobiliari e in subappalti di grandi opere connesse a Expo 2015.

"Dopo Infinito (il nome della maxi-inchiesta, ndr) nulla è cambiato", ha commentato amaramente Ilda Boccassini, "Questa è la riflessione che dobbiamo fare. Evidentemente, come ha detto la Cassazione proprio in relazione al processo, dalla ’ndrangheta si può uscire solo in due modi, o con la morte o diventando collaboratori e dandosi allo Stato".

Le persone finite agli arresti avevano contatti con esponenti del mondo politico, istituzionale, imprenditoriale e bancario. Era, infatti, attraverso questa fitta rete di contatti che riuscivano a ottenere vantaggi, notizie riservate e finanziamenti. Tra i contatti c'erano anche un agente di polizia penitenziaria, un funzionario dell’Agenzia delle Entrate, un imprenditore immobiliare attivo anche nel mondo bancario e alcuni consiglieri comunali che lavorano nel Milanese.

In manette è finito anche l'ex consigliere comunale di Rho, Luigi Calogero Addisi (Pd), che nei mesi scorsi si era dimesso dopo che il suo nome era emerso nell’inchiesta sulla presenza della ’ndrangheta a Lecco e nella zona del lago di Como. Secondo l’accusa, avrebbe riciclato parte del denaro della cosca Galati per l’acquisto di un terreno a Lucernate di Rho per poi votare a favore in Consiglio comunale della destinazione d’uso che ne avrebbe aumentato il valore. Su di lui l’attenzione degli investigatori del Ros si è incentrata quando, in un controllo nell’abitazione di Pantaleone Mancuso, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Limbadi, erano stati trovati proprio Addisi e due fratelli della moglie di Addisi, nipoti di Pantaleone Mancuso, ai vertici della cosca.

Tra gli arrestati - seppur già in galera per traffico di stupefacenti - c'è anche Giuseppe Galati, che dal carcere avrebbe "continuato a gestire, attraverso alcuni familiari, due società operanti nel settore edile, titolari tra l’altro di alcuni subappalti in alcuni cantieri della Tangenziale Est Esterna di Milano (Teem), opera che rientra tra le grandi opere connesse ad Expo".

Sono due i provvedimenti restrittivi eseguiti in Calabria. A San Costantino è stato arrestato Antonio Denami, 34enne in contatto con la famiglia Galati, originaria del vibonese ma da tempo stanziata a Como. L’uomo è accusato di "associazione per delinquere semplice, porto abusivo di armi, minacce e danneggiamenti". Il secondo provvedimento è stato notificato a un altro vibonese, attualmente detenuto nel carcere di Reggio Calabria per esigenze processuali dopo essere finito invischiato nell'operazione "Infinito" coordinata dalla Dda di Milano.

Tra le vittime ci sarebbe anche la direttrice del carcere di Monza, che ha ricevuto tre proiettili in una busta a mezzo posta e minacce di morte da alcuni degli indagati. "Per fortuna le investigazioni in corso ci hanno consentito di venire a conoscenza di questa circostanza e di tenere la situazione sotto controllo", ha spiegato la Boccassini, "Ora, la direttrice è stata sottoposta a tutela dopo la decisione del comitato di sicurezza pubblica.

È un episodio che denota la violenza inaudita con cui la ’ndrangheta può reagire". Incendiata, inoltre, l’auto di un vigile urbano "che ha fatto il suo dovere redigendo un rapporto finito al tribunale di sorveglianza che ha comportato la revoca della semi libertà per Antonio Galati".

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