La manovra non piace a un leghista su due. Peculato, scontro coi 5s

«Accantonata» la norma del Carroccio che può salvare Rimborsopoli. Allarme sondaggi

La manovra non piace a un leghista su due. Peculato, scontro coi 5s

Chissà, forse stavolta Matteo Salvini dovrebbe fermarsi un attimo e dare un'occhiata ai sondaggi. Secondo infatti una ricerca di Emg Acqua presentato a Agorà, il 42 per cento degli elettori leghisti, quasi la metà, non crede che la Finanziaria farà crescere l'economia. E nel Carroccio i favorevoli alla legge di bilancio preparata dal governo Conte sono solo il 32 per cento. Del resto si tratta di una manovra che agli italiani non piace proprio, come sostengono altri due rilevamenti illustrati a Porta a Porta. Stando infatti a Euromedia e Piepoli, il 57 e il 58,8 per cento dei cittadini avrebbero preferito una modifica anche soltanto parziale del provvedimento e evitato, o ammorbidito, lo scontro con l'Unione europea.

Intanto a scontrarsi sono pure i due vicepremier: più della metà degli intervistati da Euromedia e Piepoli ritiene che i rapporti tra Salvini e Di Maio siano «ancora tesi». Lo dimostrano le scaramucce continue di questi giorni, dal condono per Ischia alle grandi opere al ponte di Genova, fino alla polemica sui rifiuti e gli inceneritori e alla tassa sulla Coca Cola. Ma l'ultimo fronte dove si combatte è l'emendamento leghista sulla riforma del reato di peculato che salva Riccardo Molinari, Edoardo Rixi e altri pezzi grossi del Carroccio coinvolti in alcuni processi in Piemonte e Liguria.

I Cinque stelle, già sulle barricate, lo definiscono «un colpo di spugna sulle spese pazze». Si tratta di una correzione all'articolo 1 del decreto Spazzacorrotti preparato dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, pomposamente presentato come una scure legalitaria sulla politica allegra nella gestione del denaro. In prima battuta il governo aveva dato parere negativo ma poi, nelle ultime ore, l'emendamento è stato invece «accantonato», cioè messo in freezer in attesa di essere riproposto in tempi migliori.

Il codicillo, firmato da Roberto Tutti, prevede la reclusione tra quattro a dieci anni e mezzo per peculato nei confronti dei pubblici ufficiali che si appropriano di denaro o beni grazie al loro ufficio, «salvo che tale distrazione si verifichi nell'ambito di una legge o un regolamento della sua competenza». E cioè, un consigliere comunale o regionale non può essere accusato di peculato se l'utilizzo dei fondi che ha maneggiato sono disciplinati da un regolamento del suo gruppo. Se il testo dovesse passare così, si trasformerebbe in un vero ammazza-processi capace di cancellare anche le varie «Rimborsopoli» che, in questi anni, hanno coinvolto in modo bipartisan diversi consigli regionali: Lazio, Emilia Romagna, Abruzzo.

I due relatori grillini al ddl anticorruzione, Francesca Businarolo e Francesco Forciniti, hanno subito detto no: «Abbiamo dei dubbi, preferiamo approfondire».

E dopo una giornata di polemiche con l'opposizione, alla fine la correzione è stata accantonata. Ma non è detto. Qualcuno pensa che potrebbe tornare a galla tra qualche tempo, sotto forma di scambio con la riforma della prescrizione tanto cara ai Cinque stelle.

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