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Mantovano predica il "buonsenso". L'onore delle armi dem: "Una posizione pulita"

Il sottosegretario alla Presidenza spiega la linea della "prudenza". Guerini (Pd) la promuove di fatto mentre Conte cede alla commedia

Mantovano predica il "buonsenso". L'onore delle armi dem: "Una posizione pulita"
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In un corridoio adiacente al Transatlantico di Montecitorio, Alfredo Mantovano, gran visir della Meloni spiega la bussola seguita dal governo per districarsi nel labirinto tragico che è diventato il conflitto russo-ucraino tra un'Europa che si spende per garantire a Kiev una pace giusta, un Donald Trump che punta a una pace qualsiasi per passare al business e un Putin che accompagna il "no" a ogni concessione con le provocazioni: "I leader europei sono maiali". In una situazione del genere dire che non manderai soldati in Ucraina è semplice visto che il governo lo dice da sempre per rassicurare gli italiani. Assumere una posizione sull'utilizzo degli asset russi invece è complicato perché devi assicurare assolutamente risorse a Kiev, non hai strade alternative ma devi ridurre al minimo i rischi di rivalse legali e ritorsioni russe. Come? "Con il buonsenso - osserva il sottosegretario - e fa bene l'Italia a predicare prudenza. Poi però la decisione la debbono assumere i leader Ue e noi ci rimetteremo a quella". Poco più in là il ministro Luca Ciriani ripete lo stesso schema: "È saggio spostare sul consesso dei leader europei la responsabilità della decisione". Un approccio condiviso dal ministro per l'Europa Tommaso Foti. "Nessun avvocato - osserva - ti dirà che una causa del genere con i russi la vincerai sicuramente perché non farebbe l'avvocato. Ma visto che la Germania non vuole ricorrere al debito comune che sarebbe lo strumento più europeista, un compromesso va trovato perché quei soldi a Kiev servono".

Parole e congetture che svelano la logica pragmatica condita di furbizia a cui sembra ispirarsi il governo: l'Italia non può far parte dei paesi portabandiera della richiesta per non esporsi alle vendette di Putin, ma alla fine asseconderà - esplicitamente o meno - il ricorso agli asset russi per restare fedele all'impegno di appoggiare in tutti i modi Kiev. Poi naturalmente c'è chi vedrà in questa tattica il desiderio della premier di coltivare il rapporto con Trump o di non rompere con i paesi sovranisti e sarà anche vero, ma è soprattutto un atteggiamento improntato al realismo per evitare che le imprese italiane presenti in Russia vengano requisite da Putin.

Un approccio coerente con la filosofia della premier che privilegia gli interessi italiani rispetto a quelli europei o americani. Non per nulla l'ex-ministro della Difesa piddino, Lorenzo Guerini, ammette che la premier sull'Ucraina ha assunto "una posizione pulita". Mentre il leghista Candiani esplode: "È stata europeista? Di più. Quasi volenterosa". Punti di vista.

C'è, invece, chi scorge nella politica della premier un limite concettuale: "Se gli interessi europei non coincidono con quelli italiani finisci per destrutturare l'Europa: cedi a Trump e ai sovranisti". Mario Monti va oltre arrivando a dire che la Meloni "incarna i desiderata di Trump".

Ciò che conta davvero però è se Kiev avrà quelle risorse o meno. Non altro. Il resto sono ideologie vecchie e nuove che rendono il confronto impossibile e intorbidiscono il dibattito. Da entrambe le parti. "Ma come gli viene in mente a Salvini- si domanda il capogruppo forzista Barelli - di schierarsi con i russi e di beccarsi i complimenti della Zakharova?!"

Appunto, c'è la tragedia e la farsa. E alla fine il confronto si riduce a scambi di accuse e improperi. La premier ironizza sul pacifismo che trasforma gli ex-parlamentari grillini in "lobbisti" dell'industria della difesa. Giuseppe Conte ribatte: "Sono peggio i lobbisti che diventano ministri della Difesa".

E riproponendo una scena cult della commedia italiana si porta la mano alla bocca a mo' megafono e sfodera un "ah ipocriti!" degno di Gigi Proietti. Di conseguenza, "competition is competition", per non essere da meno l'incipit del discorso della Schlein è una battuta sarcastica rivolta alla Meloni: "lei fa cabaret!" Appunto, siamo passati al cabaret.

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