Non a caso Emmanuel Macron insiste che «è figlia di suo padre», quasi a volerlo ricordare ai francesi che sembrano ormai aver archiviato quell'ingombrante legame: ha capito che a far paura oggi è il nome e non più il cognome. Se avrà il successo che cerca - stavolta non solo personale e di bandiera - sarà in quanto Marine, figlia non più di Le Pen, ma della propria visione, personalità e determinazione. Anche il Front National appare come un brand sfuocato rispetto al brand Marine, abile combinazione di fermezza ideologica e di spregiudicatezza pop, per cui la Francia reazionaria, tradizionalista e patriottica viene offerta come una fresca ventata d'avanguardia ribelle. È riuscita ad emanciparsi dalla diversità e dal ghetto, ma continua a proporsi come «unica forza alternativa ai partiti decrepiti, alle forze del declino»; oggi Marine appare come gli altri, a suo agio anche nell'interpretare un ruolo istituzionale nei momenti cruciali, eppure resta diversa da tutti.
Sembra conoscere i francesi con istinto femminile, lunghe antenne che la sintonizzano con il Nord delle tute blu in cassa integrazione e delle periferie ex comuniste cui offre un progetto anti mondialista, l'abolizione della Loi Travail, la difesa delle 35 ore, il rifiuto dei trattati di libero scambio, l'obbligo dei datori di lavoro - a parità di curriculum - ad assumere francesi, sussidi statali preferenziali per le famiglie di cui almeno un genitore è francese o europeo, un salario per le donne che lasciano il lavoro per dedicarsi ai figli. È diventata interlocutrice privilegiata dei contadini, ma è di casa nei tinelli della borghesia cattolica del Sud, liberista in economia ma antimoderna nei valori, spaesata sulle questioni nozze gay, aborto, fecondazione assistita, anche se nel cerchio magico del partito di Marine, a partire dal vicepresidente Florian Philippot, non mancano gli omosessuali, le aperture al laicismo dei diritti, compresi quelli degli animali.
Marine mescola i toni solenni della «missione della Francia nella Storia» con le urgenze del quotidiano, dalla precarietà economica al terrorismo islamista che ha fatto 250 morti in due anni. «Difendo i muri portanti della nostra società», dice. Promette una nazione libera contro l'establishment delle banche, la detassazione della piccola e media impresa e del lavoro straordinario, l'aumento delle imposte all'assunzione di stranieri e dei prodotti importati. Il controllo della politica monetaria: graduale ritorno al franco, con una svalutazione del 20-25 per cento. Secondo Marine, l'uscita dall'euro, cui va aggiunta l'introduzione di tassi di interesse quasi pari a zero sui prestiti della Banca di Francia, ridurrebbe il debito pubblico dell'80 per cento entro il 2025. Il budget europeo della Francia deve essere annullato. Favorevole all'uscita dalla Nato e all'indipendenza militare e diplomatica, Marine ritiene l'Unione europea un sistema «tirannico». «Ridaremo alla Francia la sovranità che l'Europa le ha confiscato». Prima la Francia. Marine vuole introdurre la «priorità nazionale» nella Costituzione. «Non ci saranno altre leggi o altri valori in Francia che non siano francesi. Coloro che non si adattano ritornino a casa loro». Quindi ritorno ai confini pre-Schengen, espulsione di tutti gli schedati «S», quelli che minacciano la sicurezza nazionale, riduzione a 3 anni della durata del permesso di soggiorno.
In cinque anni, promette, l'immigrazione clandestina sarà abbattuta da 200mila a 10mila ingressi. La parola «assimilazione» sostituisce l'integrazione. È qui che potrebbe giocarsi la rivoluzione della Rosa Blu: il sogno di una Francia non più sottomessa ma sovrana.
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