Flop della sicurezza nella Milano dell'Expo: l'Italia resta indifesa

Droni, soldati, telecamere. Tutte le promesse del governo di fronte alle minaccia del terrorismo si infrangono su queste tre vittime

Flop della sicurezza nella Milano dell'Expo: l'Italia resta indifesa

Milano - Quasi una beffa crudele. Alle 10.30 del mattino Milano scalda i muscoli riunendo in prefettura il comitato per l'ordine pubblico. Le autorità, al gran completo, vogliono lucidare la cartolina di una città blindata a doppia mandata contro il rischio terrorismo. Sono tutti d'accordo: il ministro dell'interno Angelino Alfano, il presidente della regione Lombardia Roberto Maroni, il sindaco Giuliano Pisapia, il prefetto Francesco Paolo Tronca. E poi vertici delle numerose forze di polizia. Alfano, già dieci giorni fa da Firenze, ha rassicurato il Paese e il mondo intero: «Vogliamo dimostrare che l'Italia affronta la grande sfida dell'Expo in piena sicurezza». I ritardi. Le polemiche. La corruzione. Tutto vero. Ma il Governo intanto ha steso il suo mantello protettivo sull'evento degli eventi che caratterizzerà questo 20105 inquietante. Il titolare del Viminale insiste: «E' un grande avvenimento che può richiamare le peggiori attenzioni di gruppi più o meno organizzati ma noi siamo al lavoro perché l'Expo si svolga in piena sicurezza».

Pochi minuti e gli spari del tribunale travolgono le certezze stravolgendo il programma dei lavori in prefettura. L'incontro, che voleva essere una celebrazione degli apparati messi in campo, si trasforma in un'affannoso inseguimento delle notizie che giungono, caotiche, dal Palazzo di giustizia. Non è l'Isis o qualche jihadista a perforare il cristallo della sicurezza ma un singolo squilibrato che però è entrato armato nella cittadella, ha ucciso e infine se n'è andato indisturbato seminando il panico. Claudio Giardiello ha mostrato la vulnerabilità del sistema. Dettaglio malandrino: la sicurezza degli operatori è affidata alla All System, la stessa società che gestirà quel lato così delicato dell'Expo. Nessun processo preventivo, ma una domanda semplice: è giusto affidare (anche) ai privati la vetrina internazionale?.

Tutto il contrario di quel che ci era stato promesso nelle scorse settimane. Ripetuto come un mantra. Ribadito con lo scudo forgiato nell'acciaio dei numeri, delle cifre, delle tecnologie impiegate per scongiurare il pericolo. Bastava, fino a ieri, scorrere i titoli dei giornali per assistere ad una liturgia laica: «L'Expo diventa una fortezza come gli aeroporti. Ai varchi 108 macchine ai raggi x». E poi un diluvio di accorgimenti: 500 telecamere, la recinzione alta 3,15 metri lungo i sei chilometri del percorso. E una rete di sofisticherie alla 007 stesa sulla città, sulle stazioni, sugli aeroporti, sul Duomo, sugli obiettivi sensibili. Altre 2000 telecamere sparse un po' ovunque, dalla metropolitana fino ai varchi dell'area C, collegate con una palazzina di via Drago, cuore pulsante della security.

Da giorni le autorità fanno a gara a spegnere ansie e timori. L'Expo è inattaccabile. Come è una roccia Torino in vista dell'ostensione della Sindone. E come lo sarà la Roma del Giubileo e, in prospettiva, delle Olimpiadi. Presentando l'Expo Alfano ha snocciolato tutto questo impegno: «Abbiamo avviato l'operazione Strade sicure: 4800 soldati che presidieranno i luoghi sensibili, dandoci la possibilità di liberare delle risorse umane, di polizia, carabineri e guardia di finanza che potranno essere applicate al controllo del territorio».

Se è per questo non c'è un fazzoletto di terra più sorvegliato da una selva di fucili e pistole del tribunale di Milano. Ma servono professionalità e coordinamento, vocaboli da riempire e non slogan, per fronteggiare un nemico insidioso che non bussa e striscia nell'anonimato. Droni, soldati, divise. Di tutto e di più. Una giostra di agenti che vengono spostati virtualmente da Milano a Roma, da Roma a Torino e poi avanti e indietro in un turbine di dichiarazioni e annunci. Dalla capitale Ignazio Marino afferma: «Ho parlato con Alfano e mi ha confermato l'intenzione del Governo di spostare a Roma dopo l'Expo circa 5 mila uomini in servizio a Milano».

È una mobilitazione continua. Permanente. Ma i dubbi restano. E col trascorrere delle ore aumentano. Contagiano anche la classe politica che prima sbandierava più di quelli del Palio di Siena. Maroni prova ancora a tranquillizzare l'opinione pubblica sempre più allarmata: «L'impegno per Expo c'è. Sono tranquillo». Ma il coro perde tante voci. Lo stesso Alfano è costretto a frenare: «È un fatto gravissimo, inaccettabile, che speriamo non succeda più».

Ora le certezze stentoree sono diventate auspici, intrisi nella scaramanzia. C'è chi fa gli scongiuri. Ancora di più quando si viene a sapere che la sicurezza del Tribunale - ma non il varco da cui è passato il killer - è in mano alla All System. Società che vigilerà anche su Expo 2015.

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