Mattarella firmerà la manovra ma in cambio chiede stabilità

Il governo non deve offrire il fianco ai timori dei mercati

Mattarella firmerà la manovra ma in cambio chiede stabilità

Roma - La domanda serpeggia nei Palazzi da qualche giorno: che fa Sergio Mattarella con la manovra, la firma o non la firma? La risposta la dà, in maniera indiretta, lo stesso capo dello Stato, in un messaggio alle piccole e medie imprese. «Questo contesto - dice - richiede particolare attenzione per garantire un quadro stabile e un clima di fiducia, che favorisca lo sviluppo per una crescita equilibrata e sostenibile, per colmare i divari ed offrire opportunità ai nostri giovani». Niente strappi, niente crisi, niente di niente prima dell'approvazione della Finanziaria. Già lo spread sopra i 310 punti sta facendo danni, figuriamoci che può mai succedere se si dovesse andare all'esercizio provvisorio. E se nel frattempo il governo cade, niente voto anticipato. Non subito, almeno, non prima di aver cercato altre maggioranze.

Dunque, firma? Matteo Salvini non ha dubbi. «Ma figurati, ci mancherebbe altro. È l'Europa che viola i suoi accordi con l'Italia, non il contrario». Dal Quirinale nessun commento specifico, nessuna anticipazione. Certo, il via libera alla manovra, come qualsiasi atto del presidente, «non è scontato». Però, spiegano, «non ci sono precedenti». Cioè, non è mai accaduto nella storia della Repubblica che un capo dello Stato rimandasse alle Camere una legge di bilancio. E poi, in questa situazione, nel mezzo di uno scontro con Bruxelles e con i due partiti di governo in lite continua, sarebbe una mossa davvero spericolata.

Se davvero dovesse rifiutarsi di promulgare la manovra, Mattarella si prenderebbe la responsabilità dei sicuri, pesanti, contraccolpi politici e finanziari sul Paese senza nemmeno raggiungere lo scopo. Il Parlamento potrebbe infatti riapprovare la stessa Finanziaria senza correggere una virgola, la maggioranza riempirebbe le piazze di gente inferocita e il Colle si troverebbe in mezzo alla tempesta perfetta.

Potrebbe pure, per rotture interne o spinte esterne di tipo finanziario, cadere il governo. Il Quirinale si rifiuta di considerare l'ipotesi, valutandola prematura. Però un occhio al futuro bisogna buttarlo e quindi constatare che, senza Lega e M5s, non c'è maggioranza. A meno che, dicono in Transatlantico, un gruppo di grillini non sostenga un esecutivo di centrodestra. O che non entri in gioco il partito di Renzi. Fantapolitica?

Intanto il presidente insiste sulla linea della trattativa. Da alcune settimane sta «accompagnando» il difficile negoziato di Conte e Tria con la Commissione Ue, finora con scarsi risultati. Se non cambiano i numeri della manovra, la bocciatura europea è scontata. Si spera che la stangata non sia troppo forte e che alle sanzioni di Bruxelles non si aggiunga un attacco della speculazione. E comunque c'è ancora un mesetto prima di decidere. Tutto può ancora succedere. Nervi saldi. In questo quadro il rifiuto di ricevere le madamin Si-Tav di Torino.

«Apprezzo lo spirito civico che ha animato la vostra iniziativa», scrive, ma siccome si tratta «di una scelta politica di particolare importanza anche internazionale, il mio dovere è astenermi da qualunque inserimento in decisioni che non competono a me bensì al Parlamento».

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