Ma sì, facciamoci del male da soli. Avanti così e a pagare saranno «famiglie e imprese». Continuiamo pure a discutere di Italexit, a snobbare il debito, a chiedere all'Europa di sforare il tetto del 3 per cento e poi avremo «pesanti ripercussioni sull'economia reale». Con lo spread però non si scherza. A parlare, con toni inusualmente allarmati, è Ignazio Visco ma a Montecitorio sono in molti a chiedersi se, dietro l'attacco di Bankitalia al governo, non ci sia la mano del Quirinale. O magari un piano per mettere in difficoltà Matteo Salvini. Dal Colle smentiscono suggerimenti o inviti, però non l'assoluta coincidenza di idee tra Sergio Mattarella e il governatore sull'esigenza di tenere in ordine i conti pubblici e di misurare le parole. Altrimenti, sono guai.
Solo mercoledì il Capo dello Stato era tornato a battere sul punto dolente. «In una fase di congiuntura economica debole anche sul fronte della domanda interna, è necessario uno sforzo collettivo con misure appropriate per rilanciare la fiducia di famiglie e imprese». Dunque, per Mattarella come per Visco, famiglie e imprese vanno tutelate. E, secondo il Presidente, servono azioni per ridare fiducia ai cittadini e ai mercati, in balia di «tensioni, rischi e incertezze». In questo quadro, ha spiegato in un messaggio a Rete Imprese, è assurdo bombardare la Ue, come fa il leader della Lega, quando poi saremo costretti a trattare. «Il voto del 26 rappresenta un'opportunità che ci rammenta la nostra appartenenza a una casa comune, cui dobbiamo contribuire con impegno per dare nuovo slancio a un modello basato di diritti, libertà, responsabilità e solidarietà, al fine di superare insieme le criticità». Riforme sì, ruspe no. Altro che Italexit.
Il linguaggio e i toni del Capo dello Stato sono quindi molto simili a quelli usati da Visco. Del resto appare difficile credere che il governatore, in genere molto accorto e prudente, si sia mosso senza prima avvertire il Colle. I contatti tra Mattarella e Visco sono continui e da qualche settimana i timori del Quirinale sulla situazione economica sono diventati un vero allarme rosso. Lo spread, certo, e tutti altri cattivi segnali, dalle previsioni al ribasso sulla crescita, alla prossima manovra correttiva che forse Bruxelles ci imporrà, fino all'obbligo di trovare una trentina di miliardi nella Finanziaria di dicembre.
Insomma, vista dalla prospettiva del Presidente, c'è ben poco da scherzare. «Ciascuno dovrebbe adoperarsi per il bene comune, per l'interesse generale», dice nel pomeriggio ricevendo i partecipanti a Race for Cure, invece troppe liti nel governo stanno mettendo in pericolo il domani del Paese. Al di là della normale dialettica da campagna elettorale, ormai tra le due anime della maggioranza è una sfida continua, un braccio di ferro costante su qualunque argomento. Il voto europeo forse servirà per riequilibrare i rapporti di forza e calmare un po' gli animi, ma sarà difficile rincollare un'alleanza ormai logora. Non sono ormai in tanti a scommettere sulla sopravvivenza del governo dopo le Europee, quantomeno non in questa forma. E qui nasce un altro grosso problema.
Sarà in grado Giuseppe Conte di preparare una manovra adeguata? Ne avrà la voglia e la forza? E se cade, che succede? Chi può prendere il suo posto? E in Parlamento chi appoggerebbe un esecutivo tecnico incaricato di presentare una legge di bilancio lacrime e sangue? Così ogni giorno che passa cresce l'ipotesi di elezioni anticipate: per la Finanziaria Sergio Mattarella vuole un governo solido e nel pieno delle sue funzioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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