Chissà quante volte se l'era immaginato Theresa May il discorso che la regina Elisabetta ha tenuto ieri per presentare «il suo governo» (l'etichetta della monarchia vuole che sia il sovrano a illustrare solennemente il programma dell'esecutivo e a definirlo retoricamente il proprio, ma in realtà il testo viene scritto dal premier o dai suoi collaboratori). Avrebbe dovuto descrivere le linee guida di una forte azione politica, resa possibile dalla netta vittoria elettorale che era certa di conseguire lo scorso 8 giugno, in grado di gestire con polso fermo la priorità che la leader conservatrice si era data: quella di condurre il Regno Unito fuori dall'Ue grazie a un negoziato con Bruxelles condotto da posizioni di forza.
Invece no. L'8 giugno la netta vittoria elettorale non c'è stata, la May è ancora lì che cerca faticosamente di mettere insieme un'improbabile maggioranza con gli unionisti di Belfast, il negoziato con l'Europa è cominciato su basi politiche deboli per Londra e ieri Sua Maestà ha tenuto un discorso più prudente di quello che era nei sogni della premier.
Elisabetta - che si è presentata davanti alle Camere riunite al braccio del figlio Carlo, essendo il 96enne marito Filippo stato ricoverato «prudenzialmente» all'ospedale la sera prima, e con in testa un cappellino «blu Europa» al posto della protocollare corona - ha comunque cominciato il Queen's Speech trattando dell'agenda per la Brexit. «La priorità del governo è di assicurare il migliore accordo possibile per l'uscita del Paese dall'Unione Europea», ha esordito la sovrana.
Delle 27 leggi che l'esecutivo intende far approvare, ha spiegato Elisabetta, otto riguardano la Brexit. Tra queste spicca il «Great repeal bill», che in sostanza prevede l'abrogazione della legislazione europea nel Regno Unito e la fine della giurisdizione della Corte europea di giustizia. Fra gli altri temi, il più importante è una legge sul commercio internazionale, che permetterà a Londra - una volta uscita dall'Ue - di accordarsi con altri Paesi. Tutto questo, naturalmente, tenendo conto dell'andamento dei negoziati con Bruxelles, che la May dovrà necessariamente improntare a una maggior disponibilità al compromesso.
Brexit a parte, le promesse elettorali dei Tories sono state un po' annacquate. Rimane l'impegno a «sradicare l'estremismo in tutte le sue forme - come ha riferito la regina -, anche online», ma maggiore cautela viene espressa per quel che riguarda scuola, riforme sociali e riduzione del numero dei parlamentari (non è proprio il momento...).
Infine, non è passato inosservato che la regina - che in questo discorso accenna
sempre alle prossime visite ufficiali di leader stranieri a Londra - abbia «dimenticato» di citare quella prevista di Donald trump nel prossimo autunno. E c'è già chi interpreta questa omissione come l'annuncio di un rinvio.
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