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Stop al nuovo gruppo degli ex: Morra non vuole perdere la poltrona

Il progetto al Senato di formare un rassemblement di fuoriusciti dal Movimento è franato. Alcuni di loro, tra cui Nicola Morra, avrebbero messo a rischio gli incarichi nelle commissioni parlamentari

Stop al nuovo gruppo degli ex: Morra non vuole perdere la poltrona

Questo gruppo non s’ha da fare. Al Senato il rassemblement di ex grillini, capitanati da Nicola Morra e Barbara Lezzi sotto l’ombrello dell’Italia dei valori, non si costituirà, almeno per ora. Una retromarcia rispetto ai giorni scorsi, quando il progetto sembrava prendere forma e sostanza numerica. I rumors parlavano di “questione di ore”. Lo scopo del progetto era chiaro: avere una struttura a Palazzo Madama per pesare maggiormente nell’ottica dell’elezione del presidente della Repubblica. E non solo. Invece è saltato tutto. “La questione è complessa, al momento non riusciamo”, ammette una fonte che ha seguito da vicino l’operazione.

Il motivo, secondo quanto apprende Il Giornale , non è nemmeno di natura politica, ma di natura burocratica con una ricaduta sulle posizioni personali. Era stata raggiunta un'adesione superiore a 10 senatori (la soglia minima fissata per la costituzione di un gruppo): erano tutti eletti nelle liste del Movimento 5 Stelle e poi usciti o espulsi. Ma, spulciando i regolamenti interni, è sorto l’inghippo: alcuni di loro avrebbero corso il rischio di perdere gli incarichi attualmente ricoperti nelle commissioni. Così sono state fatte altre valutazioni, lasciando tutto intatto: la pattuglia resta nel gruppo Misto.

La regia di Lannutti

L’iniziativa si stava concretizzando dopo un lungo lavoro di mediazione. Il regista è stato Elio Lannutti, già oggi senatore dell’Italia dei valori, grazie ai buoni rapporti con Ignazio Messina, il segretario del partito fondato da Antonio Di Pietro. Proprio Lannutti era riuscito a mettere insieme un numero superiore a 10 senatori, necessari a costituire il gruppo a Palazzo Madama, sotto le insegne di un simbolo che ha partecipato alle ultime elezioni, come prescritto dal regolamento. Nel caso specifico sarebbe stato quello dell’Idv.

Nella squadra c’erano nomi di primo piano, come il presidente della commissione Antimafia Morra e l’ex ministra del Sud (nel primo governo Conte) Lezzi. Ma erano stati coinvolti anche Mattia Crucioli, Luisa Angrisani, Bianca Laura Granato e Margherita Corrado, che nelle scorse settimane erano nella componente de L’Alternativa c’è. Accostati al progetto figuravano poi Fabio Di Micco, Silvana Giannuzzi, Cataldo Mininno, Vilma Moronese e Fabrizio Ortis. Altri corteggiati? Rosa Silvana Abate, Luigi Di Marzio ed Elena Botto. Insomma, tutti ex del Movimento alla ricerca di un progetto, di opposizione, al governo Draghi. Si era invece chiamato fuori Gianluigi Paragone, che con Mario Michele Giarrusso e Carlo Martelli vogliono portare avanti il suo partito Italexit. Al netto di questi rifiuti, l’Idv si apprestava a tornare in grande stile in Parlamento, anche se sul punto Messina puntualizza: “Abbiamo già la nostra componente Idv al Senato”.

Lo stop dal regolamento del Senato

I regolamenti hanno frenato gli ardori, mettendo in una situazione complicata proprio Morra. Il numero uno della commissione Antimafia era finito già sotto attacco quando è stato espulso dai 5 Stelle: gli ex compagni di viaggio hanno chiesto un suo passo indietro dalla presidenza dell’organismo parlamentare, perché lui era stato eletto in quota Movimento. Morra ha però resistito: “Voglio continuare a onorare il mandato senza guardare in faccia a nessuno”, facendo leva sul fatto che la commissione è bicamerale. Ma l’ingresso in un gruppo nuovo di zecca avrebbe riproposto la questione, se non esclusivamente in termini regolamentari quantomeno per ragioni di opportunità.

Diverso e più drastico la questione per Giannuzzi, vicepresidente della commissione per le Politiche europee a Palazzo Madama, e Moronese, a capo della commissione Ambiente del Senato. Entrambe sarebbero decadute nell'eventualità di approdo al gruppo dell’Idv. Un articolo del regolamento interno specifica infatti che “i componenti dell'Ufficio di Presidenza che entrano a far parte di un gruppo diverso da quello al quale appartenevano al momento dell’'elezione decadono dall’incarico”.

Meglio, quindi, lasciare le cose come stanno.

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