Un sacerdote che si appresta a celebrare messa per i piccoli risparmiatori «beffati» dal flop di Veneto Banca e di Popolare Vicenza, e una mozione in Municipio che chiede di revocare la cittadinanza onoraria all'ex capo della mutua di Montebelluna, Vincenzo Consoli. Due fatti di provincia, Don Enrico Torta guida l'associazione «Soci banche popolari Veneto», ma che aiutano a capire quanto sia ampio l'incendio «popolare» che sta bruciando pazienza e risparmi di 200mila famiglie e imprenditori concentrati nel ricco nord est: Veneto Banca conta 88mila soci, Popolare Vicenza 117mila.Non c'è provincia veneta infatti dove non ci sia qualcuno che vuole chiedere i danni alle vecchie gestioni dei due istituti e minaccia battaglia alle assemblee che dovranno approvare, pena lo spettro del commissariamento, aumento di capitale (1,5 miliardi Vicenza; 1 Montebelluna) e trasformazione in spa.Senza contare, ammettono i sindacati interni, che crescono i correntisti che si precipitano in filiale ad accertarsi della «sicurezza» dei propri investimenti. Il fatto che 130mila obbligazionisti subordinati di Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti abbiano perso tutto, solleva insomma molte paure. E il rischio di una fuga dei depositi è tangibile. Pochi giorni fa, peraltro, hanno minacciato di fare i bagagli anche i clienti di Etruria & C, spalleggiati dai consumatori. Sebbene con molte diversità - le quattro banche salvate dal Fondo di risoluzione erano da tempo commissariate da Bankitalia mentre a Vicenza e Veneto Banca è stato solo imposto di ricapitalizzare per salvarsi - il tratto comune sono infatti migliaia di piccoli risparmiatori che si sentono traditi dai «loro» istituti. Quanto di peggio possa accadere a una banca e all'intera industria del credito, perché rischia di macchiare il rapporto fiduciario con cui un piccolo investitore chiede in filiale cosa fare dei risparmi senza rischiare la pelle. La «prova del fuoco», è il caso di dirlo, saranno le assemblee chiamate ad approvare la trasformazione in società per azioni imposta dalla Riforma Renzi: Veneto Banca ha fissato l'assise il 19 dicembre; Popolare Vicenza, che ha da poco «pensionato» il presidente e padre padrone Gianni Zonin, guarda al 19 marzo. Alla protesta dei soci, organizzati in più di una associazione (che a volte raccolgono entrambe le mutue) manca un collettore che ne convogli la protesta, ma chi conosce il Veneto pensa che l'esito delle assemblee è incerto. E teme che diventino ingestibili se non sarà previsto un presidio delle forze dell'ordine. Dopo essere state per decenni lontane da Piazza Affari e autodeterminato il prezzo delle proprie azioni, Veneto Banca e Popolare Vicenza sono infatti corse a svalutarle di quasi un quarto su preciso ordine della Vigilanza una volta scoperchiati i buchi nei loro bilanci. Con le ricapitalizzazioni la debacle proseguirà: il quantum si saprà solo con il debutto in Borsa ma per ora basta dire che è 7,3 euro il prezzo di recesso fissato da Veneto Banca per quanti non accetteranno la spa, contro titoli che oggi «valgono» 30,5 euro. Non resta che pregare insieme a Don Torta sabato a Dese (Venezia).
Perché, oltre a famiglie che rischiano i loro risparmi, ci sono piccole imprese che hanno depositato le azioni come «garanzia» dei prestiti in essere. E che potrebbero quindi veder saltare i covenant, i bulloni, che reggono i finanziamenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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