Mister Rublo tace con i pm Parte la caccia al terzo italiano

Savoini non risponde alle domande. Meranda, che non è indagato, sarà sentito presto. Ora si cerca «Francesco»

Mister Rublo tace con i pm Parte la caccia al terzo italiano

Il giorno di Gianluca Savoini in Procura - non fisicamente negli uffici del Palazzo di giustizia milanese, bensì nella sede del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf - si è risolto con una scena muta. L'esponente leghista presidente dell'associazione LombardiaRussia ieri davanti ai pm che lo hanno messo sotto inchiesta per corruzione internazionale si è avvalso della facoltà di non rispondere. Non ha risposto dunque alle domande sul cruciale incontro all'hotel Metropol di Mosca in cui con altri due italiani e tre russi ha discusso di un accordo su una compravendita di petrolio e su una presunta stecca di 65 milioni di dollari da destinare alla Lega.

Le voci sull'interrogatorio di «Mister Rublo» si sono rincorse per tutta la mattinata. Poi la conferma che Savoini aveva ricevuto un invito a comparire appunto per il pomeriggio di ieri. Che dal suo colloquio con i pm non sarebbe emerso nulla di decisivo però si era intuito dal fatto che il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, che coordina l'inchiesta insieme ai sostituti Sergio Spadaro e Gaetano Ruta, non si è mosso dal proprio ufficio. Probabile che il difensore di fiducia di Savoini, l'avvocato Lara Pellegrini, avesse preannunciato le intenzioni del proprio assistito. È altrettanto facilmente intuibile tuttavia che in Procura siano rimasti piuttosto stupiti di questa scelta. Una scelta che rientra nei diritti di ogni persona indagata. Ma in questo caso gli inquirenti si aspettavano che l'uomo chiave dei rapporti Mosca-Carroccio rispondesse alle domande, visto che lui stesso si è sempre presentato come figura istituzionale. Senza un incarico di governo ufficiale, certo. E però con un mandato di pontiere in terra sovietica, in particolare tra le gerarchie putiniane, da parte di Matteo Salvini. Almeno stando a quanto Mister Rublo ha sempre affermato e anche a quanto è emerso finora sui suoi rapporti con il ministro dell'Interno.

A questo punto, se non sarà proprio Salvini a convincere il suo amico Savoini della opportunità di fare chiarezza con i magistrati, per provare a ricostruire i termini del presunto finanziamento russo alla Lega i pm dovranno rivolgersi agli altri partecipanti al vertice del 18 ottobre 2018. Procedendo con gli interrogatori. Prima di tutto quello dell'avvocato Gianluca Meranda, che al momento non risulta indagato, il quale si è auto denunciato come commensale al Metropol in qualità di consulente. Aggiungendo però che il patto non è mai andato in porto, che i rubli, sottotraccia o meno, non sono mai partiti. E che comunque si è trattato di una innocua trattativa d'affari senza risvolti illeciti. Meranda potrebbe essere sentito in Procura già nelle prossime ore, anche se non avrebbe ancora ricevuto alcuna convocazione. Per quanto riguarda gli altri uomini presenti, l'impresa si annuncia più complicata. Il terzo italiano viene citato nell'audio rubato pubblicato dal sito BuzzFeed solamente come «Francesco» e probabilmente gli inquirenti stanno provando a identificarlo passando in rassegna i contatti di Meranda.

Un metodo che potrebbe non essere sufficiente infine per dare un nome e un volto ai tre russi seduti al tavolo. Quest'ultimo è un aspetto fondamentale per il futuro dell'inchiesta milanese.

Se infatti si tratta, almeno in un caso, di funzionari governativi del Cremlino, l'ipotesi accusatoria di corruzione internazionale si rivelerà solida. Se invece al contrario si tratta solo di faccendieri o di intermediari che si muovono nel sottobosco grigio tra affari e politica, l'ipotesi di reato potrebbe cadere oppure essere riformulata in termini differenti.

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