Politica estera

Mobilitazione dei sindaci. "Repubblica sotto attacco". Ultima sferzata a Macron

«Smetterla di girarsi dall'altra parte». Ecco cosa ha chiesto ieri a Emmanuel Macron il primo cittadino di Haÿ-les-Roses

Mobilitazione dei sindaci. "Repubblica sotto attacco". Ultima sferzata a Macron

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«Smetterla di girarsi dall'altra parte». Ecco cosa ha chiesto ieri a Emmanuel Macron il primo cittadino di Haÿ-les-Roses, il giovane sindaco neogollista dell'hinterland parigino diventato il simbolo di una Francia sotto attacco. Dopo sei notti di disordini, il ministero dell'Interno ha pubblicato il resoconto dei danni provocati finora dalle rivolte dei ragazzini partite da Nanterre (la banlieue a 10 km da Parigi), poi deflagrate in buona parte dell'Esagono. Nel complesso, 5.662 veicoli incendiati (autobus compresi, perfino due destinati a un progetto d'aiuto alle popolazioni africane); più di 1.049 edifici bruciati e 254 tra caserme e commissariati.

Il dato più allarmante, secondo il ministro Gérald Darmanin, riguarda i sindaci e i municipi, simbolo e cuore della République. Almeno 99 le sedi dei Comuni francesi già finite nel mirino dei rivoltosi; e «conta» in evoluzione nonostante le contromisure. Il presidente dell'associazione dei primi cittadini, David Lisnard, parla di «150 sedi» municipali colpite da martedì. E di rischio assalti tutt'altro che riassorbito.

Di fronte a un simile attacco alle istituzioni (di portata superiore per target ed età dei protagonisti rispetto ad altre tensioni) lo Stato prova le contromisure, facendo scudo con i corpi. Non solo quelli di polizia - che resta schierata sul territorio con 45mila effettivi e unità d'élite, blindati ed elicotteri nelle strade e nei cieli di Parigi, Lione e Marsiglia - ma con quelli degli eletti: sindaci, presidenti di regione, che anziché imbracciare armi ad aria compressa e petardi, barre di ferro e coltelli, indossano la fascia bleu blanc rouge. Ma solo alcuni sfidano le rivolte a colpi di autocritica e bagni di realtà.

Molti primi cittadini hanno sfilato ieri nelle banlieue dopo essere rimasti di notte a presidiare i municipi, come ha fatto Vincent Jeanbrun tra domenica e lunedì. Dopo l'assalto alla sua abitazione, nel giorno della solidarietà, Jeanbrun ripercorre quei terribili minuti in privato, con l'inquilino dell'Eliseo. Poi scende in strada, con decine di colleghi e cittadini. Racconta che i ragazzini sapevano del filo spinato e delle forze dell'ordine a presidio del municipio. Perciò hanno cambiato bersaglio: «Senza quei mezzi di difesa, senza palizzata, non avremmo più avuto il municipio oggi». Invece: un'auto in fiamme sulla casa e petardi incendiari per uccidere la moglie e i due figli di 5 e 7 anni.

È solo l'ultimo episodio di assoluta gravità, ricorda Jeanbrun. Tocca quindi a lui lanciare il grido di allarme e pungolare la classe politica: «Dobbiamo raddrizzarci, cambiare il modo di agire, queste persone non solo non si riconoscono nella Repubblica e nelle sue regole, ne hanno di proprie. Abbiamo visto il vero volto dei rivoltosi, quello di assassini, molti di noi hanno subìto violenze degne di una guerra civile, ma non ci hanno battuto, possiamo ancora cambiare le cose, ci siamo sentiti un po' soli ma ora dobbiamo pensare che tutto ciò sia servito a qualcosa. C'è una maggioranza silenziosa che vuol costruire una società migliore, non distruggerla».

Nei municipi di Francia si canta la Marsigliese. Ma la premier Borne, che ieri ha ricevuto i gruppi parlamentari, raccoglie l'appello solo parzialmente: parla di «larga convergenza per rendere omaggio alle autorità di polizia e ai sindaci» e dice che «la priorità è assicurare il ritorno all'ordine repubblicano, per la notte e quelle a venire». Il resto può attendere.

Crisi di autorità? Di identità? Vandalismo o democrazia sotto attacco? La maggioranza è sul chi vive, sa che rischia politicamente. Macron oggi riceverà i 220 sindaci delle banlieue devastate. L'ala destra del governo, Darmanin, è in déplacement in vari comuni. Promette «fermezza con i teppisti e niente attenuanti sociali, parlare ai quartieri, punire i delinquenti e star vicino agli eletti». E stanzia 20 milioni per rimettere in piedi le telecamere «entro l'estate», il sistema di videosorveglianza sabotato o distrutto in centinaia di sobborghi. Poi l'ultimo grido di Jeanbrun: «Basta! La République è sotto attacco, al capo dello Stato ho detto che è fragile e serve un sussulto repubblicano. O siamo capaci di risvegliarci e capiamo che non può esser più sufficiente la politica del au même temps (riunire gli opposti senza prendere una posizione chiara sui ghetti, ndr), o la République può morire». Tra i sintomi di zone ormai off limits, le difficoltà a scovare il terzo passeggero a bordo dell'auto di Nahel: fuggito per giorni.

Si è presentato spontaneamente ieri ed è stato interrogato.

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