Cronache

La moda deprimente di deprimersi a Natale

Sondaggi sull'ansia e consigli contro la tristezza: guardate che è una festa...

La moda deprimente di deprimersi a Natale

Si apre la settimana di Natale, ma stiamo calmi. Non facciamoci prendere dal panico. L'appello è doveroso, di fronte alla consueta ondata di nevrosi e di paranoie che sta investendo i nostri poveri animi, già abbastanza provati. Per creare il clima giusto, dall'Inghilterra comunicano tempestivamente i risultati del più recente sondaggio sul tema (fonte «Samaritans», associazione benefica): il 48 per cento delle persone ammette di sentirsi depresso, in questo periodo.

Messo così, il Natale ha tutte le sembianze di una calamità. Come gli sms della Protezione civile, arrivano freschissimi anche i consigli dell'esperta, in questo caso Eleonora Iacobelli, psicologa e segretario dell'associazione Eurodap (Associazione europea per il disturbo da attacchi da panico). Attenzione, evitate di andare a troppi pranzi e brindisi. Badate bene di scegliere solo quelli che vi fanno davvero piacere. E non dimenticate: dedicatevi personalmente all'impacchettamento dei regali, il lavoro manuale vi rilasserà e potrete dare libero sfogo alla vostra creatività.

Diciamolo: è più rito l'allarme Natale che il Natale stesso. È per questo che mi sembra il momento giusto di reagire. Voglio gridarlo a tutto il mondo: basta, non rompete più l'anima con questo terrorismo psicologico. Piantatela di considerarci tutti dei disturbati mentali, oppressi da questa psicosi plumbea e deviante, pronti a sclerare al primo taglio di panettone. Non se ne può davvero più di questa nenia catastrofista e cupa, che dipinge il periodo come una specie di incubo collettivo, cui soltanto gli intelligenti, gli anticonformisti e le menti superiori riescono a tenere botta con massicce dosi di distacco e cinismo.

Mettete giù le mani, dal nostro Natale. Se vi stressa, ignoratelo. Fate finta di niente. Abolite regali, messaggi d'auguri, bicchierate e alberelli. Nessun senso di colpa: non l'ha ordinato il medico di sentirsi migliori, di essere generosi e altruisti, pienamente felici. Non c'è bisogno che le crocerossine della sociologia ci forniscano contromisure e anticorpi per contrastare la temibile sindrome. Bastano pochi pensieri elementari, intramontabili da duemila anni. Fino a prova contraria, Natale è sostanzialmente una specie di compleanno, una data che serve a festeggiare quel tizio scandaloso e irriverente, arrivato all'improvviso in una notte buia, scaldato da due povere bestie, accolto da qualche pastore miserabile, nonostante questo capace di accendere una luce abbagliante sull'umanità, la luce eterna della verità.

In questa verità cosmica sta scritto che lo stesso Natale va vissuto come e quanto se ne ha voglia, nelle modalità e con le persone preferite, perché prima di tutto e sopra tutto il Natale è il grande messaggio della libertà. Serenità e letizia non sono un dovere. Non sono formalità, né convenzione. Sono moti dell'animo che nascono spontanei. E se non nascono, non è un problema. Non è il caso di correre dallo psicanalista anche per questo.

A chi arriva pure quest'anno, con zelo da Protezione civile, per salvarci dal cataclisma dello stress, a tutti questi allarmisti sia detto con molta tranquillità: se problema c'è, non è il Natale. Se problemi esistono, siamo noi. Lo stressato di Natale è stressato tutto l'anno. È stressato e basta. È stressato a Capodanno, a Carnevale, a Pasqua e anche a Ferragosto. Il Natale, di suo, ci mette se mai un incredibile prodigio: riesce ogni volta, misteriosamente, tra mille difficoltà, a radunare sotto lo stesso tetto i pezzi di famiglia sparsi nelle diverse strade del mondo. Succede solo una volta l'anno, tutti gli anni.

Nella vita d'oggi, questo non è uno stress: è un miracolo.

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