La mossa dell'Unione per arginare l'ondata sovranista

L'Ue ripaga l'appoggio di Roma alla von der Leyen. Salvini: «Ci hanno venduto solo fumo»

La mossa dell'Unione per arginare l'ondata sovranista

È il primo risultato politico per l'Italia che ha votato Ursula von der Leyen come presidente della Commissione europea. La nuova alleanza intorno al Ppe, in cui hanno avuto un ruolo determinante sia gli europarlamentari di Forza Italia che quelli di M5s, alleanza risultata tanto indigesta a Matteo Salvini da far cadere il governo e tentare di portare l'Italia a elezioni anticipate, offre all'Italia un primo aiuto in cinque punti, un passo per dare una svolta alla politica delle continue crisi in mare definita «dei porti chiusi» dai sovranisti.

Non è la soluzione definitiva, ma il mini summit a La Valletta con i ministri dell'Interno di Malta, Italia, Francia, Germania e Finlandia, con la partecipazione del commissario europeo uscente all'Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, segna una frattura con l'emergenza permanente scelta da Salvini. Il progetto pilota, che sarà sottoposto al vertice dei ministri dell'Interno dell'Ue in Lussemburgo, introduce un automatismo nell'accoglienza e nella redistribuzione delle persone soccorse in mare.

Invece dei suk con l'Ue, sulla pelle di profughi o persone in fuga, con risultati deludenti, si va verso un meccanismo che consentirà a uomini e donne soccorsi di raggiungere subito i Paesi europei di destinazione, in base a criteri stabiliti in precedenza. Il problema non sarebbe più solo dell'Italia o di Malta perché paesi di prima accoglienza, come prevedono gli accordi di Dublino, ma diventerebbe un problema europeo. Soprattutto nelle intenzioni di Francia e Germania, che non ne hanno mai fatto mistero, l'obiettivo è anche spuntare le armi ai sovranisti che hanno fatto dell'allarme immigrazione, talvolta brandito ad arte, il principale argomento per seminare euroscetticismo tra gli italiani un tempo entusiasti dell'Unione. «Ci hanno venduto solo fumo» commenta così a caldo Salvini.

Come ammettono lo stesso presidente del consiglio, Giuseppe Conte, e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, siamo lontani da una soluzione definitiva (il primo chiede «le sanzioni» per chi non collabora, il secondo insiste sul «blocco delle partenze») che consenta ai migranti di rimanere nei loro Paesi d'origine, senza imbarcarsi in viaggi della disperazione. Che i problemi dell'Africa si risolvano prima di tutto in Africa è la tesi sostenuta da sempre dal centrodestra moderato italiano e dal Ppe: politiche di salvataggio in loco eviterebbero l'addio alla casa a molti di coloro che partono verso le coste europee.

Non è la soluzione definitiva ma è un passo destinato a ridurre l'attività dei trafficanti di uomini sui piccoli barchini che fanno approdare il 90 per cento dei migranti arrivati in Italia, mai fermati dalla cosiddetta politica dei «porti chiusi» e mai sfiorati dalla «solidarietà europea» chiamata a intervenire a ogni crisi. Secondo i dati dell'Ispi, appena il 9 per cento degli arrivi ha coinvolto navi di Ong e solo quattro persone su dieci sbarcate sono state poi destinate, molto parzialmente, ad altri Paesi dell'Europa. Con le nuove regole, sia pur temporanee, solo un migrante su dieci soccorso con navi militari o di Ong resterebbe in Italia.

Non solo. Con le Ong e le navi militari libere di dedicarsi ai salvataggi grazie alla redistribuzione automatica delle persone soccorse, le grandi navi soccorreranno i barchini in mare aperto e si ridurranno drasticamente gli arrivi su piccole imbarcazioni. Nelle intenzioni, è l'inizio della fine dell'emergenza continua.

Nella realtà si tratta di vedere quanto l'Europa sarà in grado di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale e ribadite a Malta e quanto è disposta ad andare avanti su una vera politica di gestione comune delle migrazioni.

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