Energia e difesa comune. Sono questi - insieme alla delicata questione dell'accoglienza dei profughi ucraini - i due temi centrali del confronto sul tavolo di Bruxelles. Una due giorni piuttosto fitta, che si è aperta ieri mattina con il vertice straordinario della Nato, è proseguita con la riunione del G7 e si concluderà con il Consiglio europeo che è iniziato nel tardo pomeriggio di ieri e si chiuderà oggi dopo pranzo. In mezzo, a testimoniare l'eccezionalità del momento, alcuni bilaterali già in agenda (come la riunione con il turco Erdogan o quella con l'olandese Rutte) e altri faccia a faccia che pur non avendo i crismi dell'incontro diplomatico non sono stati meno importati (come lo scambio di vedute con Biden).
D'altra parte, è proprio negli incontri a due che Draghi prova a muoversi sul fronte energetico. Lo fa con Erdogan, in un faccia a faccia nel quale si ragiona anche sul gasdotto Trans-Anatolico che parte dall'Azerbaigian e attraversa tutta la Turchia, dando vita al cosiddetto «corridoio meridionale». Di gas liquido e petrolio parla invece con Biden, con il quale affronta anche la delicata questione dell'approvvigionamento del grano. Stessi temi che l'Italia ha messo sul tavolo nelle sue interlocuzioni con il Canada, al netto delle ondate di caldo e della siccità del 2021 un altro dei grandi produttori di frumento. D'altra parte, spiega Draghi, sia per la sicurezza energetica che per quella agroalimentare «la risposta è una combinazione di diversificazione, misure politiche interne all'Ue e aiuti». La prima cosa, «la stiamo facendo» cercando di «cambiare le fonti di approvvigionamento». In altre parole, aggiunge il premier incrociando i giornalisti all'ingresso del Consiglio Ue, «l'Europa vuole diventare indipendente dal gas russo». Per quanto riguarda le misure di «politica interna all'Ue», il mercato del gas «funziona male» perché «i prezzi sono speculativi» e occorre quindi «prendere delle misure». Il terzo pilastro di questa strategia è invece «l'aiuto che deve venire da Usa, Canada e dai grandi produttori di gas liquido».
Dopo aver partecipato al vertice Nato e al G7, Draghi parla di una comunità internazionale compatta. «Se dovessi riassumere in due parole - dice - unità e solidarietà descrivono bene questi incontri». Tutti gli alleati, infatti, hanno concordato «nel condannare l'aggressione all'Ucraina», nel «mantenere le sanzioni» ed eventualmente inasprirle. Punto, quest'ultimo, piuttosto delicato. Perché sul tema l'Italia si muove in modo prudente, anche per la forte dipendenza del nostro Paese dal gas russo. L'auspicio non detto, insomma, è che alla fine prevalga la linea di Berlino e non quella di Washington o di Londra.
D'altra parte, aggiunge Draghi, le sanzioni «sono state descritte come straordinariamente efficaci». L'economia russa, dice, ne è uscita «fortemente indebolita». E sulla richiesta di Putin di pagare in rubli le forniture di gas, il premier è tranchant: «Fondamentalmente è una violazione contrattuale». Si discute, infine, di rifugiati. Un «dramma umanitari» che «deve essere affrontato non solo a livello europeo ma mondiale».
Sullo sfondo, il capitolo armi, uno dei temi centrali nel summit Nato. Con l'Italia che ha ribadito la disponibilità all'invio di altri uomini sul confine est e ulteriori armamenti. Una posizione che il governo italiano tiene con un certa nettezza, forse anche per mettere a tacere i troppo distinguo interni alla maggioranza.
Draghi, d'altra parte, è forse l'unico premier europeo che ha il problema della fronda interna - M5s e Lega - di chi rema contro l'obiettivo del 2% del Pil per le spese militari. E proprio della minaccia di Conte di far cadere il governo chiedono conto al premier mentre entra al Consiglio Ue. «Io - si limita a rispondere - ho ribadito l'impegno preso da tutti gli altri Paesi della Nato».
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