Guerra in Ucraina

Mosse Nato per cacciare i Wagner dalla Libia

Haftar tratta con gli Usa per rinunciare ai mercenari russi. E c'è l'incognita Erdogan

Mosse Nato per cacciare i Wagner dalla Libia

La trattativa è già iniziata, ma il risultato non è scontato. Il negoziato riguarda l'allontanamento dalla Cirenaica dei mercenari della Wagner, la compagnia militare privata guidata da Evgeny Prigozhin, e molto attiva nella guerra in Ucraina, ma presente anche in Libia dal settembre 2019. Secondo alcune indiscrezione di fonte governativa riprese dal quotidiano Ean Libya il generale Khalifa Haftar, comandante dell'autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) si sarebbe finalmente deciso a discutere con gli americani le contropartite per rinunciare all'assistenza dei «musicisti» di Prigozhin. Gli stessi musicisti accusati dal nostro ministro della Difesa Guido Crosetto di facilitare il traffico di uomini e la partenza dei migranti dalle coste della Cirenaica.

Ma proprio le condizioni poste da Haftar - deciso a ottenere in cambio la fornitura di aerei americani e il ritiro dei mercenari siriani pagati dalla Turchia dalla «nemica» Tripolitania - rendono il negoziato alquanto spigoloso. Gli americani preoccupati dalla presenza dei Mig 29 russi nella base di Al Jufra, al confine tra Tripolitania e Cirenaica, stanno però aumentando le pressioni.

Il pressing sulle autorità della Cirenaica e sul generale Haftar è iniziato lo scorso 12 gennaio. Quel giorno il direttore della Cia William Burns, arrivato a Tripoli per incontrare il primo ministro del governo di unità nazionale Abdelhamid Dabaiba, prolungò la sua missione volando a Rajma, il quartier genera le di Haftar nei pressi di Bengasi in Cirenaica. All'incontro del direttore della Cia con il generale ha fatto seguito una riunione, segnalata su Twitter l'ambasciata statunitense a Tripoli, tra lo stesso Haftar e Barbara Leaf l'assistente del segretario di Stato americano per il Medio Oriente.

Ancora una volta il vero ago della bilancia della trattativa per l'allontanamento della Wagner sarà però il presidente turco Recep Tayyp Erdogan. E questa, nonostante l'appartenenza della Turchia alla Nato, non è una garanzia di successo per gli Stati Uniti. Erdogan, oltre a essere uno dei principali interlocutori del presidente russo Vladimir Putin, non ha infatti intenzione di rinunciare al controllo dell'esecutivo di Tripoli esercitato grazie alla presenza di alcune migliaia di mercenari siriani pagati da Ankara. Un presenza essenziale non solo per garantire la sopravvivenza di un premier, Al Dabeiba, tenuto sotto scacco dalle milizie, ma anche per continuare a firmare contratti energetici preservando gli accordi - controfirmati dalla Libia del 2019 - che assegnano alla Turchia il controllo di buona parte del Mediterraneo orientale.

Un'altra incognita riguarda la disponibilità statunitense a fornire forze aeree a un leader scarsamente controllabile come Haftar. Soprattutto nell'imminenza delle delicatissime trattative con le altre formazioni libiche per lo svolgimento di elezioni e la successiva formazione di un governo di unità nazionale.

La terza più grossa incognita sulla cacciata della brigata Wagner dalla Libia riguarda, però, la disponibilità russa a farsi mettere alla porta. Insediatasi in Cirenaica d'intesa con Haftar, la Russia ha progressivamente ridimensionato le relazioni con l'inaffidabile generale appoggiando sia il presidente del Parlamento di Tobruk Aguila Issa Saleh, sia Saif Gheddafi, figlio dell'ex dittatore libico. I mercenari russi, per quanto coinvolti nelle lotte di potere interne al Paese, sono in Libia soprattutto per difendere i contratti sul petrolio firmati a suo tempo con il deposto regime del colonnello Gheddafi. Grazie al controllo delle quattro basi di Brak al Shati nel sud ovest della Cirenaica di Jufrah (Centro-Sud), Qardabiyah (Centro-Nord) e di al-Khadim (Nord-Est), la Wagner mantiene una presenza di 1.500/2.

000 uomini con i quali controlla le attività dei terminali petroliferi di Ras Lanuf, Brega ed Es Sidr oltre che quelle dei pozzi di El Feel e Sharara.

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