La condanna all'Italia della Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo del febbraio 2012 la ricordano tutti. La condanna all'Europa per la segregazione degli immigrati nei campi di detenzione ucraini finanziati con i fondi di Bruxelles l'aspettiamo ancora.
Intanto arriva però la denuncia del settimanale tedesco Der Spiegel che nel suo ultimo numero definisce quei campi la «Guantanamo dell'Est». Una Guantanamo pagata con i soldi dei cittadini europei e gestita con la muta accondiscendenza di quell'Alto Commissariato per i Rifugiati dell'Onu sempre in prima fila quando si tratta di denunciare l'accoglienza riservata ai clandestini nel nostro paese.
Sugli autentici lager edificati in Ucraina e progettati per tenervi recluso chiunque s'avvicini alla frontiera europea senza documenti validi nessuna sembra aver nulla da obbiettare. Strasburgo e Bruxelles, del resto, non paiono aver nulla da dire neppure sulle torture inflitte agli immigrati dalle guardie di frontiera ucraine. Eppure stando a quanto raccontato a Der Spiegel dagli immigrati rinchiusi in quei centri la situazione non sembra proprio rosea. Hasan Hirsi, un rifugiato somalo 21enne, detenuto per tre anni in Ucraina, riferisce al settimanale tedesco di esser stato ripetutamente picchiato e di esser stato torturato con scariche elettriche nel corso degli interrogatori.
Il resoconto combacia con il rapporto di «Human Right Watch» in cui si elencano le sevizie inferte ai migranti dalle guardie di frontiera ucraine. «Mi hanno legato a una sedia, mi hanno attaccato gli elettrodi alle orecchie e mi hanno inferto tante scosse», racconta a Human Right Watch un rifugiato afghano. Se la brutalità delle guardie ucraine può non meravigliare più sconcertante è invece l'esistenza di un piano europeo studiato per esternalizzare la questione migranti, ovvero affidare a stati esterni ai nostri confini la gestione dei nuovi lager. Cifre e bilanci, però, parlano chiaro. I 30 milioni di Euro messi a disposizione per costruire le strutture d'accoglienza temporanea, dove i fermati restano al massimo 10 giorni e i centri di detenzione dove gli immigrati possono trascorrere fino a 12 mesi, vengono finanziati in base al cosiddetto «accordo di riammissione» firmato da Kiev e Bruxelles nel 2008. La parte più interessante di quell'accordo è il resoconto di spesa in cui si spiega come sono stati spesi e da chi sono stati incassati quei 30 milioni. Scorrendolo scopriamo che 4 se li è pappati Arup, una società di consulenza britannica incaricata di preparare la progettazione della rete di nuovi gulag.
Eppure, «Der Spiegel» a parte, nessuno sembra contestare nulla. L'Alto Commissariato per i Rifugiati, l'organizzazione che tramite l'allora portavoce Laura Boldrini martellava il nostro governo, arriva a dichiararsi compiaciuto per l'efficienza dei nuovi gulag ucraini e a pubblicare sul proprio sito le foto di alcuni reclusi definiti «felici» e «ben integrati».
L'aspetto più scandaloso è però il permanere dell'accordo. Qualsiasi persona di buon senso si domanderebbe infatti come strutture del genere possano continuare a funzionare in un paese stremato dalla guerra civile e costretto a fronteggiare le transumanze di cinque milioni di sfollati in fuga dalle provincie orientali occupate dalle milizie filo russe. L'Europa, prima responsabile di una guerra civile innescata in seguito alle profferte di Bruxelles, non sembra invece assolutamente turbata.
E così la Guantanamo finanziata con i nostri soldi può continuare a finanziare. Tanto per critiche, pianti e rimproveri ci sono sempre i profughi salvati dall'Italia.
I milioni di euro con cui Bruxelles finanzia i campi per tenere gli immigrati fuori dai confini Ue
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