Nella "capitale" degli italiani: "Siamo sotto choc"

Emigrati duecento anni fa, furono poi deportati da Stalin. Ora ce ne sono 500: «Stiamo bene»

Nella "capitale" degli italiani: "Siamo sotto choc"

«Grazie a Dio nessuno dei ragazzi della nostra comunità è rimasto vittima di questa follia omicida» sottolinea al telefono Giulia Giacchetti Boico, l'indomita presidente dell'Associazione degli italiani di Crimea. Kerch, dove è avvenuta la strage di studenti, è la loro «capitale». All'estremo lembo orientale della penisola annessa dalla Russia vivono ancora 500 «italiani» eredi di una fiorente comunità fin dai tempi degli Zar poi decimati da Stalin. «Sentiamo le sirene delle ambulanze e siamo tutti scioccati. A Kerch, piccola e tranquilla cittadina, non è mai accaduto niente del genere» spiega Boico, che in casa tiene il Tricolore come una reliquia.

Kerch è diventata strategica con la costruzione del ponte, voluto dal Cremlino, che unisce la penisola di Crimea alla Russia. «Ci hanno chiamato dal consolato italiano per assicurarsi che stiamo tutti bene - nota la presidente della comunità - Stiamo preparando un evento culturale e dopodomani era previsto un concerto, dobbiamo rimandarlo».

La comunità dei connazionali di Kerch è stata per decenni la più dimenticata dalla storia e dalla madrepatria. Marinai e contadini dalla Liguria e sopratutto dalla Puglia erano emigrati in Crimea duecento anni fa ai tempi degli Zar. A Kerch passò anche l'eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi. Suo zio costruì una chiesa cattolica nel 1841, oggi ristrutturata e riaperta. Stalin, durante la seconda guerra mondiale, considerava gli italiani di Crimea una spina nel fianco e li deportò in Siberia. «Era il 28 gennaio 1942 - racconta Boico - Li imbarcarono sulle navi, come bestie nelle stive, al buio». A Novorossiysk gli italiani, che a Kerch erano 5mila, furono chiusi in carri bestiame, come gli ebrei dell'Olocausto. Natale De Martino, un sopravvissuto, ripete sempre che «fu la deportazione più crudele. Si moriva di freddo, di fame, di stenti».

L'Associazione, nata nel 2008, temeva di finire nel braccio di ferro fra Russia e Ucraina. Nel 2015, durante la visita di Silvio Berlusconi nella penisola contesa, il presidente russo Vladimir Putin riabilitò la comunità italiana della Crimea deportata e massacrata da Stalin. I giovani di Kerch, legati all'Italia, hanno ottenuto borse di studio a Roma, Perugia, Udine e Reggio Calabria. I corsi di italiano si sono moltiplicati.

L'Associazione ha pubblicato libri e realizzato una mostra in giro per l'Europa sulla tragica storia della comunità. E sulla pagina Facebook si scopre che sono state ritrovate «tante famiglie italiane di Crimea isolate nell'immenso territorio dell'ex Urss, che stanno pensando di tornare a vivere a Kerch».

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