Come non detto: la mafia a Roma non c'è. C'è corruzione, semplici associazioni per delinquere e normale criminalità, ma non l'associazione mafiosa. Mafia capitale - così come era stata definita due anni e mezzo fa l'inchiesta che ha travolto politici, imprenditori e criminali romani dalla Procura e dal suo capo, Giuseppe Pignatone - non è mai esistita. Almeno per i giudici della decima sezione del Tribunale che nella sentenza di ieri, arrivata dopo 230 udienze e basata su milioni di carte e di intercettazioni, ha cancellato l'accusa di 416 bis - certificata anche dalla Cassazione - nelle condanne, comunque pesanti seppur più basse di quelle sollecitate dall'accusa, con cui ha riscritto la storia di una città in cui per anni il sodalizio tra l'ex estremista di destra Massimo Carminati e il ras delle cooperative Salvatore Buzzi ha messo le mani sugli appalti milionari per la manutenzione urbana e quelli per il sociale, con la connivenza di una larga fetta bipartisan di politici locali.
Complessivamente nei confronti dei 46 imputati sono state stabilite condanne per 287 anni, contro gli oltre 500 anni chiesti dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e i suoi sostituti, e cinque assoluzioni. La pena più pesante il Tribunale l'ha inflitta al nero Carminati, dichiarato «delinquente abituale», che ha assistito impassibile alla lettura della sentenza in videoconferenza dal carcere di Parma dove è detenuto in regime di 41 bis: ha preso 20 anni invece dei 28 chiesti dalla Procura, mentre il suo socio in affari, il rosso Buzzi, se l'è cavata con 19 anni (rispetto ai 26 anni e tre mesi della richiesta). Undici anni (invece di 25 e 10 mesi) per Riccardo Brugia, il braccio destro del «cecato», e 11 anche all'ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio, Luca Gramazio, unico politico accusato di associazione mafiosa, per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari, come del resto per molti altri imputati (in cella alla fine ne rimangono solo cinque, ndr). Mirko Coratti, ex presidente dell'assemblea capitolina, è stato invece condannato a 6 anni, l'ex amministratore delegato di Ama, Franco Panzironi, a 10 anni invece dei 21 chiesti dalla Procura, mentre Luca Odevaine, ex componente del Tavolo di coordinamento nazionale sui migranti del Viminale, a 6 anni e 6 mesi, più dei 2 anni e 6 mesi sollecitati dalla Procura che aveva tenuto conto della collaborazione fornita alle indagini. Condannata anche la segretaria di Buzzi, Nadia Cerrito, che se la cava con 5 anni di reclusione invece di 18. Dovrà scontare cinque anni Andrea Tassone, ex presidente Pd del municipio di Ostia e 3 Giordano Tredicine, ex consigliere comunale Fi. Ci sono state anche cinque assoluzioni, tra cui quella di Giovanni Fiscon, ex dg di Ama, di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, considerati dai pm il collegamento del clan Carminati&Buzzi con la 'ndrangheta.
Seppure i singoli episodi di malaffare messi in luce dai magistrati hanno avuto un adeguato riscontro, caduta l'associazione mafiosa la sentenza rappresenta un bello schiaffo per la Procura che aveva scommesso tutto sulla presenza del metodo mafioso a Roma. Una batosta notevole per Pignatone, che viene da Palermo e la mafia vera la conosce bene.
Ielo ammette la mezza sconfitta: «Questa è una sentenza che riconosce l'esistenza di un'associazione a delinquere semplice, non mafiosa. Ci dà torto su alcuni aspetti ma in altri riconosce il nostro lavoro». L'appello appare scontato.
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