«Mission achieved», missione compiuta. Sono le prime parole che Nirmal Purja, 36 anni, ha affidato ieri, all'aere e all'etere, dalla cima dello Shisha Pangma, quota 8.027. Non è dato sapere se avesse il fiato corto per la quota o l'impresa record che fa di lui l'uomo più veloce ad aver collezionato le scalate, lungo le vie normali, a tutti i 14 Ottomila della terra. Di sicuro c'è quel piglio, mai sopito, di soldato al servizio se non più di Sua maestà, almeno di un grande sogno personale. Il suo project possible compie sette mesi domani e Nirmal lo ha chiuso con due giorni d'anticipo. Lui è nepalese: dal 2003 ha militato nella brigata dei Gurkha, glorioso corpo di fanteria britannica: fedeltà al compito, rigore massimo. Approccio muscolare, preparazione atletica, lo «stile Nims» ha contemplato anche l'ossigeno, una logistica organizzata al dettaglio, pure qualche trasbordo in elicottero, oltre agli sponsor giusti. Ma soprattutto ha comportato verità. Rispetto a molti alpinisti professionisti che, nel dubbio se affrontare la montagna in stile himalayano - cioè «pesante», con campi e corde fisse - o alpino e leggero, mescolano le carte, questo «soldato delle cime» non ha detto balle, riempito le bombole d'ossigeno, scelto i compagni migliori e provato a lanciare un messaggio: anche questa è un'impresa.
Un conto è respirare ossigeno da una bombola oltre i 7mila della zona della morte: la fatica è comunque immensa, ma è come se si cristallizzasse l'ascesa a 5-6 mila. «Tutto nella vita è possibile, con un approccio determinato e una mentalità positiva», ha aggiunto via social in serata, già diretto a campo base. Per lui lo Shisha Pangma è il 20° Ottomila, dato che alcune cime le ha scalate più volte. Sull'Everest, per esempio, era stato altre tre volte in passato. Anzi, proprio dal tetto del mondo nel 2012 è iniziata la sua carriera in quota, cominciando con il record di velocità di conquista di due Ottomila, exploit che gli valse il plauso della regina Elisabetta. Ma all'ex gurkha non bastava: consultando gli annali ha visto il nome di un certo Reinhold Messner che ha scalato - per primo e senza ossigeno tutti gli Ottomila, in 16 anni, entro il 1986. I più veloci, invece, erano stati il polacco Jerzy Kukuczka che terminò la collezione in 7 anni, 11 mesi e 14 giorni e il sud coreano Kim Chang Ho, che, nel 2013, ha abbassato di un mese il record. Il polacco è morto 30 anni fa, il coreano lo scorso anno. Toccava a Nirmal e proprio da Messner è arrivato l'endorsement: «È preparato, determinato e simpatico: dice le cose come stanno».
Nirmal non ha lesinato nemmeno sulla suspense: durante la sua impresa ha inanellato anche un serie di salvataggi di altri alpinisti, come se il curriculum himalayano oggi non potesse prescindere da queste «imprese nell'impresa». Poi è stato il momento dell'affaire diplomatico: quando ormai al suo carnet mancava solo l'ultimo passo, la Cina ha dichiarato che non avrebbe concesso visti per il Tibet. Poi, 18 giorni fa, la situazione si è sbloccata: Nirmal ha tenuto in caldo gambe e motori ed è partito. Tutto era cominciato il 23 aprile scorso con la pericolosa Annapurna; fra il 12 e il 24 maggio arrivano Dhaulagiri, Kanchenjunga, Everest, Lhotse e Makalu. A luglio, in 23 giorni, è la volta dei «pachistani» Nanga Parbat, Gasherbrum I e II, K2 e Broad Peak. Settembre porta il Cho Oyu, il Manaslu e ieri lo Shisha Pangma.
La sua impresa ridefinisce anche una serie di record intermedi che già da soli varrebbero una carriera.
E ora che cosa resta nello zaino? Secondo qualcuno Purja si candida a ripetere l'impresa senza ossigeno, ma prima vuole una salita invernale, magari proprio quella del K2, l'unico gigante il più difficile ancora inviolato nella brutta stagione. La determinazione non manca, l'allenamento, a giudicar da questi ultimi mesi, neppure.
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