«Non lo perdonerò mai. Ha tolto a mia figlia il bene più prezioso, la vita».
È una vittoria amara quella di Imma Rizzo, che ieri a Lecce ha brindato alla condanna di Lucio Marzo, l'assassino della figlia. I giudici della Corte d'Appello hanno confermato i 18 anni e 8 mesi al giovane, che uccise la fidanzata sedicenne Noemi Durini, nascondendo poi il cadavere in una zona di campagna di Castrignano del Capo nel leccese. Il corpo venne fatto ritrovare dal giovane, all'epoca diciassettenne, solo dieci giorni più tardi.
L'omicidio avvenne il 3 settembre 2017 e fu lo stesso assassino poi a portare gli investigatori nell'oliveto. Era geloso, violento e la famiglia di lei si opponeva a quel rapporto. Quel tragico giorno, nonostante avesse solo 17 anni, si era messo al volante dell'auto della madre e insieme a Noemi aveva raggiunto la campagna. Qui aveva picchiato la ragazza, ferendola poi alla nuca con un coltellaccio da cucina, che si era però spezzato. Così Lucio l'aveva colpita con una pietra e, ancora viva, l'aveva abbandonata sotto un cumulo di pietre. La ragazza era morta soffocata, schiacciata da quel penso più grande di lei.
Una decina di giorni dopo, però, era crollato e aveva raccontato di aver agito in un raptus, perché la fidanzata voleva spingerlo a sterminare la sua famiglia, che non vedeva di buon occhio la loro storia. E eri la Corte di Appello ha rigettato la richiesta di una nuova perizia psichiatrica e del riconoscimento delle attenuanti generiche, avanzata dall'avvocato Luigi Rella, difensore di Marzo.
«Soddisfatta ma non contenta - ha commentato la mamma della vittima, a quanti le chiedevano come si sentisse dopo che la Corte aveva letto la sentenza -. Non sarò mai contenta, ma posso ritenermi soddisfatta». Riferendosi al giovane ha poi detto: «Ho incrociato i suoi occhi in aula per un istante ma lui ha abbassato subito lo sguardo. La nostra battaglia giudiziaria continua perché ci sono tanti lati oscuri in questa vicenda che devono essere chiariti, confidiamo nella magistratura che sta lavorando molto bene». Per i familiari di Noemi Lucio non avrebbe agito da solo e la Procura di Lecce è al lavoro per accertare l'eventuale coinvolgimento di altre persone nel delittaccio.
La storia tra i due adolescenti era apparsa subito difficile. Noemi studentessa dell'istituto superiore di Specchia era una ragazza «ribelle». Lui, di un anno più grande, era tutto meno che sereno, tanto che era stato sottoposto più di una volta a cicli di trattamento sanitario obbligatorio, per arginare i gli scatti di rabbia.
E entrambe le famiglie contrastavano quell'amore, se così si può chiamare, tanto che scoperto il delitto anche i coniugi Marzo finiscono nel mirino della Procura per favoreggiamento, ma poi ne vengono fuori. Il figlio, invece, è in prigione dal settembre 2017.
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