Un posto c'è, in realtà.
Un posto c'è, nel cuore di tanti coetanei, tanti piccoli posti che insieme possono diventare un mondo nel quale rinascere.
Un posto c'è sempre, a ben vedere.
Questa è la storia di una scritta su un muro. Ma non facciamone una questione di educazione, di decoro o indecoro urbano. Parliamo di sostanza e non di forma. La scritta (la calligrafia ordinata, l'inglese corretto) recita: «There's nowhere for me to be». Che significa: «Non c'è un posto per me dove stare».
Sembra il verso di una canzone di un gruppo pop-punk inglese con divagazioni emo, ma a quanto pare (abbiamo googlato la stringa di parole) un verso del genere non c'è in nessuna canzone salvo quella dell'anima di un ragazzino. Che l'ha scritta sul muro di una scuola di Bassano del Grappa, nel Veneto profondo, il liceo Brocchi. Un istituto enorme, novanta classi, in una delle quali probabilmente si acquatta il portatore di questa piccola grande angoscia.
Certo, c'è la possibilità che quella scritta sia un esercizio di posa esistenzialista, perché il mal di vivere (vero o esibito) è un effetto collaterale dell'adolescenza, come i brufoli e le cuffie dentro le orecchie. Magari è una frase spraiata per vedere l'effetto che fa un etto di disperazione verniciata di bianco sparpagliato su una superficie di metallo bruno.
Ma magari quello è un messaggio in una bottiglia. Il muro della scuola come una bacheca di Facebook.
Tutti a Bassano hanno preso maledettamente sul serio quella scritta. Lo ha fatto primo fra tutti il preside del Brocchi, che è stato il primo a vederla martedì mattina, andando a lavorare. E nemmeno per un secondo ha pensato di far prevalere il senso dell'ordine a quello dell'accudimento. E certo poi che il destino trova sempre il modo di dimostrare il suo senso dell'umorismo, visto che un uomo così attento e consapevole si chiama Zen, Giovanni Zen. «Quella frase - ha scritto il dirigente scolastico in una circolare scritta di getto ma non frettolosamente e fatta leggere in tutte le classi - non la farò cancellare. E non sporgerò denuncia. Non ci dobbiamo fissare su un muro sporcato, ma sul contenuto del messaggio e su quello che ci vuole dire il suo autore». Segue una lunga rapsodia sulla scuola come luogo «aperto, accogliente, capace di suscitare domande e risposte». Quindi una chiusura in anglo-italiano: «Lungo questi sentieri non si limiti solo al for me, solo a se stesso, ma si apra, naturalmente, al for us, al per noi».
Il contromessaggio è stato discusso in classe nell'orario di lezione e ha provocato un'onda collettiva di protezione e solidarietà. I compagni di scuola e di paese di quel misterioso teppista dell'anima hanno compilato post-it, strappato fogli al quaderno di italiano e li hanno appiccicati su quel muro con pezzi di nastro adesivo, con la gomma da masticare. Messaggi in inglese e in italiano. Cuori, manifestazioni d'affetto. Rivolte a uno sconosciuto o a una sconosciuta. Che però potrebbe essere il tuo compagno di banco, o quello con cui hai litigato per un fallo al torneo scolastico di calcetto.
O ancora quello che ha posseduto il libro di storia su cui studi, rivenduto e ricomprato alla libreria tra i testi usati. «All you need is love», è scritto in uno di quei foglietti. Hai solo bisogno d'amore. Lo cantavano i Beatles. Che le canzoni non le scrivevano sui muri, ma i loro messaggi arrivavano lo stesso.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.