"Non capivo", "colpa del Pd" Di Maio affonda tra le scuse

Il vicepresidente della Camera sul caso Muraro: prima si autoassolve sulla mail «letta male», poi evoca complotti

"Non capivo", "colpa del Pd" Di Maio affonda tra le scuse

La verità è che siamo duri di comprendonio, teste di segatura. Come ci dicevano al liceo «Carducci» di Nola, tenimm'a capa sulo pe' spàrter'e recchie. Sotto il naso c'è passato intanto un evento storico: s'è chiusa finalmente l'era del «non poteva non sapere». S'è aperta la nostra: «Non potevo proprio capire».

La transumanza di significato è fondamentale, le conseguenze non irrilevanti. Al macero quei cartelli incomprensibili in tribunale: Ignorantia legis non excusat. Ma che vor dì? Se non lo so, non lo so. Se non capisco, spiegatemelo. Se alla terza non ci arrivo, mica vi potete accanire sul «diversamente comprendente». Io la pensavo così, invece era colà, e allora? In buona fede, stavo. Lo giuro su Beppe, che di grilli sulla testa ce n'ha tanti. Io uno solo. Non lo dico pe' di', è che proprio non me ne vengono altri, in capoccia. Quello lo capisco, gli altri boh? Prendete la vajassa romana, quella Paola Taverna. Il 4 agosto le mando 'o messaggino, tomo tomo. «Muraro è iscritta nel registro degli indagati?». Domandina facile facile, la capisco pure io. Quella, chissà perché, fa la sorcia, come dicono gli amici romani, quelli della prim'ora, che pendono dalle labbra di questa qua e lavorano per Di Battista. In fondo, era uno dei loro, chissà che gioco stanno a ffà, m'hanno messo in mezzo. Difatti la Taverna, che mi risponde? «Posso essere più precisa domani». Ma a chi lo devi chiedere?, dico io. Non sono io il capo tuo, il «responsabile enti locali», la balia di Virginia? Non capisco. Insisto, prima d'incazzarmi. «Posso almeno sapere se il 335 è pulito o no?» (fa fico dirlo così, significa: «ha carichi pendenti?»). Quella, infamona, ammette: «No, non è pulito». Resto di sasso, non capisco. Mi sta pe' parti' la brocca. Telefono, urlo come non faccio mai in pubblico. Il giorno dopo, ecco che m'arriva una email, sempre da sto' mini-direttorio che, se tanto mi dà tanto, capisce meno di me. M'intortano di chiacchiere, menano il can per l'aia, come diceva Gianroberto la Buonanima. Sta cosa della Muraro c'è scritta, al punto due. La leggo e la rileggo. Pare arabo. È indagata senza avviso. Penso: tanto poi la gente, i giornali, già lo sanno delle indagini. L'avviso di garanzia non c'è, me lo conferma Virginia. Disturbo milanesi e genovesi? E che figura da terrone ci faccio? Io, l'aspirante premier! No, taccio, l'Italia sta in vacanza. Vatti a ricorda' della Muraro. Indagata, avvisata, chi lo sa, chi lo capisce.

Post Scriptum Attenuante. Qualcosa di peggio dei casini della Raggi era capitato a Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera e aspirante premier, poche ore prima di dichiarare di «non aver capito bene, anzi frainteso», il senso della email inviatagli il 5 agosto. Era uscito incolume da un «liscio e busso» di Taverna e Ruocco messe assieme. Due Erinni. Un'esperienza tremenda, che giustifica ampiamente lo smarrimento di se stesso dell'altra sera.

Ieri, per fortuna, il giovane Luigi è stato ritrovato a Nettuno, ancora in lieve stato confusionale. Dal palco ha ammesso un «errore di sottovalutazione, pensavo che fosse colpa degli esposti del Pd. Ma qua so' diventati tutti Sherlock Holmes...».

Il lascito ai posteri era un po' più lineare: «La verità e l'umiltà ci renderà più forti di prima. Hanno montato un caso incredibile. Ci sono tante persone che, in quest'accozzaglia di inciuci, gossip e scorrettezze, non ci stanno capendo più nulla». E scusate se parlo sempre di me. Se me la cavo.

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