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Non solo Ilva, 210mila lavoratori a rischio

Attesa per il vertice Conte-Mittal ma Fi denuncia: centinaia di crisi aperte

Non solo Ilva, 210mila lavoratori a rischio

«Riserve al minimo» che possono consentire alla fabbrica di andare avanti per «un raggio di azione molto ridotto». Dopo averlo messo nero su bianco nell'esposto alla magistratura, i tre commissari straordinari dell'ex Ilva l'hanno verificato di persona. Con un'ispezione, autorizzata da ArcelorMittal, che l'aveva negata nei giorni scorsi, hanno accertato la situazione nell'area dei parchi minerali dove vengono stoccati i materiali che alimentano la fabbrica e subito dopo hanno incontrato il procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, che indaga sul filone di un possibile depauperamento «pilotato» dell'ex Ilva.

Inchiesta che si incrocia con quella dei Pm milanesi che ieri hanno sentito come persona informata sui fatti Steve Wampach, direttore finance di ArcelorMittal Italia. I magistrati della Procura guidata da Francesco Greco indagano per false comunicazioni al mercato e violazione della legge fallimentare, con cui ArcelorMittal avrebbe messo in atto una «crisi pilotata» del polo siderurgico pugliese. Dopo le perquisizioni della Guardia di finanza, al vaglio della Procura di Milano ci sono le comunicazioni rese al mercato dall'Ad Lucia Morselli dal 15 ottobre, giorno del suo insediamento, fino al 4 novembre, giorno dell'annunciato addio.

Tutto ora si gioca sul tavolo di Palazzo Chigi dove domani si rivedranno il premier Conte e i Mittal: «Porterò la determinazione di un presidente del Consiglio che rappresenta un paese del G7 dove si viene e si rispettano le regole. Dove non ci si può sedere e firmare un contratto, dopo una gara pubblica e dopo qualche mese iniziare un'attività di dismissioni per andare via».

Dopo aver incassato grazie all'intervento del tribunale di Milano il passo indietro del colosso franco-indiano che aveva già fissato un progressivo spegnimento degli impianti, i commissari straordinari chiederanno una proroga del termine del 13 dicembre per rispettare gli adeguamenti di sicurezza previsti dopo l'incidente del 2015.

Ma non c'è solo l'ex Ilva. C'è anche Alitalia, il cui futuro appare ancora più incerto dopo il temporaneo passo indietro di Atlantia, e altre 147 crisi aziendali sulla scrivania del titolare del Mise Stefano Patuanelli. «Ilva e Alitalia sono i più complessi», ha detto il ministro nell'informativa alla Camera sui tavoli di crisi: «Sono 149», «in linea con gli ultimi 5 anni, il cui dato medio è di 151. Centodue crisi sono attive da più di tre anni e il 28% è aperto da più di 7 anni. Ma le crisi di molte piccole aziende non arrivano al Mise».

Un dossier elaborato dai deputati di Forza Italia restituisce una fotografia impietosa. Oltre 210mila lavoratori coinvolti da Nord a Sud, «con l'ingresso continuo di nuove vertenze e la difficoltà di chiudere quelle aperte da anni». C'è Whirpool a Napoli, con 142 lavoratori in bilico attendono che si trovi «una soluzione condivisa, a fronte di una situazione di mercato che rende insostenibile il sito», Blutec, con mille dipendenti, Stefanel, verso l'amministrazione straordinaria, Jabil Italia, che ha avviato la procedura di licenziamento per 350 addetti nel sito casertano. Poi ci sono Terral Italia, Abb, Piaggio Aereo, in amministrazione straordinaria, e altre ancora, che non sono sotto i riflettori.

«Tutti gli incontri sulle varie vertenze, presente o assente il ministro si sono concluse al massimo con la concezione o la proroga della cassa interazione straordinaria», denunciano gli azzurri.

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