Un attacco dimostrativo, poco più del raid dello scorso anno lanciato dalla Casa Bianca sempre come rappresaglia ad un attacco chimico vero o presunto. Uno show di guerra con i russi informati sulla lista degli obiettivi evacuati dal personale per non provocare vittime, come ha ammesso lo stesso Pentagono.
Nel 2017 gli Stati Uniti avevano lanciato da soli 59 missili Tomahawk sulla base di Shayrat in risposta all'attacco chimico di Khan Sheikhoun. Nella notte fra venerdì e sabato, assieme agli alleati francesi ed inglesi, sono stati utilizzati 110 ordigni su bersagli diversi. I raid «sono un atto dimostrativo» che non cambierà gli scenari siriani, ha dichiarato a caldo Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore della Difesa. «Un deja vu» dell'attacco dello scorso anno secondo il generale oggi vicepresidente dell'Istituto affari internazionali. Il New York Times titolava ieri mattina che Trump ha parlato «forte», ma colpito «piano» per evitare di scatenare la reazione russa e iraniana.
Un vero attacco incisivo avrebbe dovuto durare più giorni, ma gli alleati hanno preferito il «colpo singolo» con una serie di punture di spillo. I missili con gittate anche di 1000 chilometri sono stati in gran parte lanciati dalle navi o dai caccia a debita distanza (250 chilometri). I sistemi di difesa antiaerea russi sono stati attivati nelle loro basi in Siria di Khmeimim e Tartus «individuando e controllando tempestivamente tutti i lanci di missili» alleati, recita un comunicato di Mosca. I russi, però, non sono ufficialmente intervenuti per contrastare i raid.
Secondo il Pentagono tutti i bersagli sono stati centrati e nessun vettore o caccia sarebbe stato colpito. I siriani avrebbero lanciato una quarantina di missili, che hanno fatto cilecca non avendo un sistema di guida adeguato. Il comando russo sostiene, al contrario, che «71 missili alleati su 103 sono stati abbattuti». Se così fosse l'antiaerea siriana ha sicuramente reagito grazie ad esperti russi e iraniani. L'obiettivo dichiarato degli americani erano dei supposti «centri di produzione di armi chimiche» a Barzan, nella regione di Damasco e la sede del Centro scientifico di Jamraya nei sobborghi della capitale. Dodici missili sono stati lanciati sull'aeroporto di Ad Dumeir, da dove sono decollati gli elicotteri che avrebbero sganciato dei barili con il cloro nell'attacco chimico a Douma.
A Damasco è stata colpita anche la base della difesa aerea sotto il monte Kasyun. Caserme ed unità della Guardia repubblicana, le truppe scelte di Assad e i corpi speciali del battaglione 41 hanno subito raid missilistici nei sobborghi di Damasco.
Altre strutture militari sono state colpite a Kalamun, dove è ancora sotto assedio governativo il campo palestinese di Jarmuk e a Kiwsa. Anche l'aeroporto di Mezze, nella capitale, è finito sotto tiro. I francesi si sono concentrati soprattutto sulla zona di Homs. Tutti obiettivi che sarebbero stati «concordati» con la Russia.
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