Ocse: "Italiani popolo di ignoranti". Insegnanti già sul piede di guerra

Professori scesi in piazza per urlare contro le "deportazioni"

Ocse: "Italiani popolo di ignoranti". Insegnanti già sul piede di guerra

Roma - Negli ultimi giorni ha destato clamore la protesta dei docenti immessi in ruolo nell'ambito del programma «La buona scuola» del governo Renzi e costretti a trasferirsi presso altre sedi. Da Napoli a Palermo a Bari non sono pochi i casi di maestri e professori scesi in piazza per urlare contro le «deportazioni» a Milano o a Torino. Secondo Anief, associazione sindacale dei precari della scuole e dell'università, i trasferimenti riguarderebbero 50mila persone.

Si tratta di lavoratori con un contratto a tempo indeterminato (perché hanno ottenuto la stabilizzazione dopo anni di precariato) e che hanno indicato una sede ad hoc in caso ne fosse stato disposto il trasferimento. Hanno ragione di lamentarsi? Per rispondere alla domanda una buona strada è la verifica del lavoro che gli insegnanti svolgono per controllare se determini buoni risultati. In tal caso risorse così preziose meriterebbero ben altro trattamento. Ebbene, stando alle indagini Ocse, l'Italia è piazzata molto male in materia di istruzione. Basta prendere l'ultima indagine Pisa, relativa al 2012 e basata su campioni di studenti quindicenni, per ottenere risultati impietosi. In matematica il punteggio medio degli studenti italiani è 485 contro una media Ocse di 494, per la lettura il risultato è stato 490 contro una media di 496; idem per le scienze (494 contro 501). Solo Trentino, Veneto e Friuli hanno ottenuto risultati in linea o superiori a quelli degli altri Paesi industrializzati. Le Regioni meridionali fanno, invece, concorrenza a Messico, Cile e Turchia sul fondo della classifica. L'Istat ha rilevato che nel 2013 solo il 22% della popolazione disponeva di un titolo di laurea (o equivalente) a fronte di una media Ocse del 39 per cento.

Insomma, i nostri professori non istruiscono bravi studenti. Ma anche volendo perdonarli è tutto il sistema a fare acqua ed è sempre l'Ocse a rivelarlo. La forza lavoro italiana ha, infatti, grandissime carenze culturali. L'indagine Piaac condotta nel 2013 ha registrato un punteggio medio degli adulti italiani tra i 16 e i 65 anni pari a 250 per lettura e scrittura (literacy) contro una media Ocse di 273. Peggio è andata per le competenze matematiche (247 contro 269). Il dato peggiore è che anche i nostri laureati hanno competenze di literacy inferiori alla media dei Paesi sviluppati.

Forse parlare di analfabetismo di ritorno è un po' esagerato ma, come dimostrato dai numeri, il lavoro dei nostri insegnanti non è poi di qualità così eccelsa.

A risentirne è tutto il sistema produttivo che spesso è costretto sopperire alle carenze organizzative ingaggiando personale non adeguatamente qualificato: il 15% della forza lavoro, infatti, è underskilled, cioè con competenze inferiori al posto che occupa. Ecco, con i 3 miliardi di euro di costo delle stabilizzazioni de «la buona scuola» qualche investimento sulla qualità avrebbe anche potuto essere effettuato.

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