Ok alle intercettazioni. Polemiche sulla riforma

Via libera di Palazzo Chigi ma il nuovo testo non convince. Orlando si difende, critica l'Anm

Ok alle intercettazioni. Polemiche sulla riforma

Roma - La speranza è segnare un limite tra la gogna pubblica e il dovere dell'informazione. Il rischio è che tutto resti come prima, con la vita intima degli indagati messa in piazza, con frasi rubate al telefono usate come arma del disonore, con materiale di scarto non utile alle indagini che diventa paccottiglia per crocifissioni morali. Il governo comunque ci prova, con il primo consiglio dei ministri dopo la fine della legislatura. La riforma sulle intercettazioni, voluta con forza dal Guardasigilli Andrea Orlando, è stata approvata. Non mancano le polemiche.

Il testo, che entrerà in vigore tra 6 mesi, mette al bando i «pettegolezzi». Le intercettazioni rimangono il principale strumento d'indagine ma, attraverso la loro selezione, verrà ristabilito il giusto equilibrio tra il diritto alla privacy e quello all'informazione. Così da escludere in tempi ragionevolmente prossimi alla chiusura dell'attività investigativa persone estranee alle indagini. Il testo, spiega Orlando, prevede «una serie di vincoli e di divieti» che impediscono di utilizzare le trascrizioni irrilevanti «come strumenti di diffusione di notizie improprie che ledono la personalità di soggetti non coinvolti nelle indagini». E introduce «un procedimento di contraddittorio per definire cosa deve andare nei fascicoli e cosa no». Un meccanismo in due fasi, quella del deposito del materiale raccolto e quella dell'acquisizione, che riguarderà solo ciò che è «rilevante e utilizzabile». Il resto, invece, verrà collocato in un archivio ad hoc, posto sotto la custodia del pm che ne garantisce la riservatezza. La riforma introduce il delitto di «diffusione di riprese e registrazioni di comunicazioni fraudolente» e il divieto di trascrizione, anche sommaria, di comunicazioni o conversazioni e dati sensibili irrilevanti.

E i magistrati che dicono? «La nostra non è una bocciatura ma si poteva fare meglio», secondo il presidente dell'Anm, Eugenio Albamonte, che denuncia «lo strapotere della polizia giudiziaria nella selezione» delle intercettazioni. Resta in sospeso la questione se i giornali possono pubblicare le ordinanze.

Orlando dice che si deciderà più in là. «Noi pensiamo che le ordinanze non sono più copia e incolla, se invece ci stiamo sbagliando allora penseremo a una misura ad hoc». Come a dire: dipende dalla serietà dei giornalisti.

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