Olivetti, i malati accusano: "Tutti sapevano dell'amianto"

La moglie di un operaio che ha contratto il mesotelioma attacca i vertici dell'azienda: "Quella polvere bianca era dappertutt"

Olivetti, i malati accusano: "Tutti sapevano dell'amianto"

«Mio marito dell'amianto non sapeva niente. Ma mi parlava di quella polverina bianca che c'era dappertutto...». Sono le quattro di ieri pomeriggio, e Pierangelo Bovio Ferassa non ha neanche la forza di rispondere al telefono. Era un veterano dell'Olivetti, il signor Pierangelo. Dal 1963 a montare macchine da scrivere nello stabilimento di Scamagno. La «polverina bianca» era il talco all'amianto, che giorno dopo giorno lo ha avvelenato. Andò in prepensionamento nel 1991. Il tumore si sviluppò con calma. Il primo dolorino arrivò nel 2010, quasi vent'anni dopo.

Oggi, Pierangelo Bovio Ferassa è il capo B dell'atto d'accusa della Procura di Ivrea contro gli uomini che in quegli anni hanno guidato e amministrato l'Olivetti. C'è Corrado Passera, c'è Roberto Colaninno, e c'è anche Carlo De Benedetti, che per diciott'anni, dal 1978 al 1996 guidò l'azienda di Ivrea. Per la morte di quattordici colleghi del signor Pierangelo, stroncati dal mesotelioma negli anni scorsi, la procura accusa i manager di omicidio colposo aggravato. Per i sopravvissuti come Pierangelo, afflitti da un male che gli atti della procura definiscono crudamente «certamente o probabilmente insanabile», De Benedetti e gli altri colletti bianchi sono accusati di lesioni personali gravissime.

Adesso, signora, gli alti gradi dicono tutti che non sapevano, che all'epoca era un pericolo quasi sconosciuto. «Io invece penso che sapessero. Magari non da subito, non dall'inizio. Ma da un certo punto in avanti se la sono passata, e le persone che dovevano sapere dell'amianto hanno saputo. Ma sa: i guanti costano, le mascherine costano... ».

Dovevano essere gli anni della tranquillità, per Pierangelo e sua moglie: prima la pensione per lui, «e mio marito un altro lavoro non se lo è mai cercato per stare vicino ai nonni, e poi gli piaceva preparare da mangiare per il ragazzo»; poi la pensione per lei. Invece per prima si ammala la signora. Poi, alla fine del 2010, quel dolorino a Pierangelo. «Il primo esame che ci fecero in ospedale era negativo, e tirammo un sospiro di sollievo. Ma i dolori continuavano. Facemmo esami più approfonditi, e arrivò la notizia: mesotelioma della pleura». A mettere in collegamento il tumore con il lavoro in fabbrica Pierangelo e sua moglie non ci avevano pensato: «Sa, siamo gente semplice, un po' ignorantoni, e poi mio marito è sempre stato un riservato, un taciturno». Furono i medici, che di operai Olivetti nelle stesse condizioni ne avevano già visti, a intuire il nesso. E da lì anche Pierangelo Bovio Ferassa entrò nei fascicoli dei pm di Ivrea, impegnati a ricostruire il filo nero che legava anni di lavoro, reparti, mansioni. E la polverina bianca, il talco all'amianto.

Si legge nel capo d'accusa per le lesioni al signor Pierangelo: «veniva esposto alla inalazione delle fibre di amianto contenute nel talco contaminato con tremolite, durante le operazioni di montaggio dei particolari in gomma che venivano “talcati” per facilitare l'inserimento dell'anima d'acciaio». E di questo deve rispondere tutta la catena di comando «per colpa consistita - per tutti nelle rispettive qualità di datori di lavoro e/o dirigenti - in negligenza, imprudenza e imperizia e comunque nell'omessa adozione delle misure che sarebbero state necessarie a tutelare l'integrità fisica di Bovio Ferassa».

Pierangelo sta ancora lottando, «anche se la chemioterapia che faceva a Torino ormai serviva solo

per il 10 per cento, e adesso stiamo provando ad Alessandria». Ieri aveva la febbre alta, è uscita la guardia medica: «E ha sentito un rumore strano anche nell'altro polmone. Ma hanno detto di aspettare ad allarmarsi...».

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