Le Ong scoprono i lager libici (che ci sono sempre stati)

Anche due anni fa le prigioni erano piene di disperati Ma ora fa gioco denunciarli per attaccare il governo

Le Ong scoprono i lager libici (che ci sono sempre stati)

Guardatevi questa foto. L'ho scattata il 7 marzo del 2015 in un centro di detenzione per migranti di Misurata. E ne ho molte altre prese sia nei centri di detenzione libici, sia nei depositi per umani usati dai trafficanti per immagazzinare la «merce» come la chiamano loro prima di trasferirla su barconi e gommoni. Barconi e gommoni attesi a poca distanza dalle coste dalle navi delle Ong e di quella Msf in prima linea oggi nell'accusare l'Europa e l'Italia di aver abbandonato quei miserabili agli orrori delle carceri libiche. Beh, confrontate le foto di allora e di oggi. Percepite qualche significativo, ulteriore deterioramento nel trattamento riservato a quei disgraziati? Io che in quelle prigioni ci sono entrato posso dirvi di no. E posso aggiungerci quel che le foto non mostrano, ma i prigionieri, o i migranti, già allora raccontavano. Le testimonianze delle violenze sulle donne tirate fuori dalle camerate e stuprate a turno da secondini e trafficanti. I resoconti delle bastonate inflitte agli «ospiti» da bande di criminali a volte in divisa a volte no, entrati nelle camerate per rubare, soldi telefonini e qualsiasi cosa vi fosse di prezioso.

Eppure quella volta di mezzo non c'era il cattivo ministro Minniti accusato di pagare il governo libico per fermare i flussi dei migranti e rinchiuderle in lugubri e orribili gattabuie. E non s'intravvedeva la complicità di un'Europa pronta a sostenere la correttezza delle manovre italiane. A Tripoli allora c'era un governo islamista, non riconosciuto da nessuna nazione civile, che garantiva mano libera ai trafficanti perché i proventi di quel commercio servivano a finanziare le loro milizie armate. Nel Mediterraneo c'erano invece le navi di Msf e di varie altre organizzazioni, chiamiamole «umanitarie», pronte a facilitare e a garantire il buon fine di quei traffici. Da noi invece salmodiavano i cori buonisti entusiasti nel salutare l'arrivo sulle nostre coste di centinaia di migliaia di disgraziati. Ma per capire che le navi di Msf e delle altre Ong non rappresentassero un presidio contro i naufragi, bensì la vera calamita capace d'innescare i traffici iniziati a miglia di chilometri di distanza bastava parlare con i nigeriani, i senegalesi, gli eritrei, i maliani e i gambiani (anche allora dei siriani neppure l'ombra) che affollavano quelle galere. Tutti raccontavano di esser arrivati fin lì confidando nelle promesse dei vari emissari del traffico che dalla partenza, migliaia di chilometri più indietro, avevano continuato a promettere una traversata sicura garantita dalle navi delle Ong o dalle missioni internazionali come Triton.

Insomma l'unica significativa differenza tra gli orrori di allora e quelli di oggi è il silenzio che Msf, e le altre Ong, impegnate a raccogliere fondi per le missioni nel Mediterraneo, dedicavano alle condizioni dei migranti in Libia. Un silenzio che s'estendeva alle migliaia di vittime abbandonate durante la traversata dei deserti di Sudan o Niger e ai cinquemila annegati che nel 2016, tanto per fare un esempio, non sono riusciti a salire sulle navi delle Ong. Ma aldilà delle classifiche dell'orrore una differenza significativa forse c'è.

Con l'allontanamento delle Ong e la fine dei traffici di umani carceri e centri di detenzione non serviranno più perché nessun migrante si metterà in moto senza la certezza di poter attraversare il Mediterraneo. E solo allora, cari amici di Msf, l'orrore, a cui pure voi attingevate, sarà definitivamente cancellato.

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